L’arte di intrecciare la paglia è uno dei più antichi mestieri che si è sviluppato sul territorio riminese antico.
Rimini, sviluppandosi tra campo pianeggianti, offriva l’habitat ideale a numerose tipologie di piante che essiccate potevano formare dei fili legnosi flessibili e robusti allo stesso tempo, che con l’ingegno degli uomini romagnoli del tempo diventarono cesti, panieri, scope, fiaschi o sedute.
Queste erano gli oggetti fondamentali e semplici che servivano alla gente del popolo che doveva provvedere ad “arredare” la propria abitazione con le proprie mani
La pianta che si usava intrecciare di più in romagna è di certo il vimini, dei ramoscelli acerbi molto elastici derivati dalla pianta del salice; a seconda della sezione dei rametti che si utilizzavano si potevano creare diverse strutture: con i rami più spessi e robusti si potevano realizzare capienti cesti per il trasporto del fieno sul bestiame, mentre i ramoscelli più esili venivano lasciati come legacci agricoli per sostenere e riportare in asse gli alberi da frutto.
Un’altra fibra vegetale di largo impiego nel territorio riminese era la saggina, una specie di paglia appartenente alla famiglia delle graminacee che veniva assemblata al fine di creare scope, scopini e piumini per la polvere di ogni tipo.
La paglia e il granoturco, per la loro duttilità e leggerezza venivano lavorate per creare intrecci decorativi nei cestini.
Infine il pioppo, il legno dei poveri, veniva sezionato per costruire sedie e seggioloni per i bambini riminesi.