Cari amici delle due ruote, non trovate anche voi che, questo Maggembre, sia a dir poco delizioso? Temperature oscillanti quanto un’altalena epilettica; cielo azzurro e terso che, nel giro di qualche minuto ti rovescia addosso tanta di quell’acqua, da far invidia alla doccia, nella scena della doccia di “Psycho”; brezza leggera che, appena ti distrai, spazza via te, il casco e persino la moto. Guarda caso il 98% della popolazione italiana, si è ammalata nel mese di Maggembre; il restante 2% era in viaggio. Lontano.
Penso sia lecito dire che, in un contesto tanto frizzante, anche il rapporto tra essere umano e moto, diventa una sorta di storia d’amore da vivere all’ultimo respiro e sempre sul filo del rasoio:
Essere Umano– Veloce, preparati usciamo, non si vede nemmeno una nuvola all’orizzonte!
Moto-…….
Essere Umano– Dai, dai, dai! Prima che il tempo capisca le nostre intenzioni e ci sorprenda!
Moto-……
Essere Umano-Adesso partiamo e non ci guardiamo indietro, altrimenti sono cavoli amari per tutti… e speriamo che Lui (il tempo) non ci veda.
Moto-……
Insomma, il bello dell’essere motociclisti, penso lo si possa riassumere anche nella febbrile pazzia data dal desiderio di uscire in moto appena possibile e, quando capita, rivolgersi a lei, come si ci legasse un rapporto d’amore-amicizia-parentela. Peccato la mancanza di risposte.
È stato in uno di “quei momenti” in cui il tempo era momentaneamente distratto che, insieme a mio marito, siamo saltati in sella alla nostra Africa Twin (A.T. per noi), con la velocità di un centometrista inseguito da un branco di lupi in cerca di cibo e, con immenso sollievo, ci siamo regalati un sabato pomeriggio sulla zona collinare di Rimini.
Io ci sono nata e cresciuta a Rimini e conosco bene anche l’entroterra ma, chissà come mai, alla fine manca sempre qualcosa! Possiamo attingere da un territorio talmente ricco, da non restare mai, bene o male, senza riserve. Ecco, questo pomeriggio in collina, è stata la nostra riserva.
Attraversiamo la zona di Torraccia, nella Repubblica di San Marino, per uscire a Cerasolo Alta: da qui lo spettacolo del panorama sulla Riviera Adriatica, è qualcosa di talmente estasiante, che ci impone di fermarci un attimo, per assistere a questa magia pittorica.
Tutto attorno è un tripudio di colline verdissime, campi coltivati e paesi sonnolenti.
Proseguiamo per Mulazzano, Ospedaletto e prendiamo, quindi, la Via Montescudo in direzione del borgo… da cui prende il nome! Infatti, nostro obiettivo di visita, sono i paesi di Montescudo, Montecolombo e il pittoresco Castello di Albereto.
Si tratta di tre centri storici davvero vicini tra loro, per cui è impensabile non approfittarne per esplorarli tutti. Anche perché sono piccoli, quasi dei villaggi di campagna che rimandano con la mente al passato di Romagna.
Montecolombo, ad esempio, la troviamo piacevolmente addormentata nella pace di un sabato primaverile. Dal Memoriale ai Caduti, ci si inoltra nel minuscolo agglomerato di case, stretto attorno al giardino pubblico, in una grazia assoluta che, non so come, mi rimanda a sensazioni vissute durante la visita di alcuni villaggi inglesi.
Una serena e gradevole passeggiata fra pochi vicoli e qualche villetta, che permette di apprezzare il paese nella sua quiete quasi irreale. Montecolombo occupa da sempre una posizione privilegiata su di un nodo viario, stretto tra la Valle del fiume Conca e l’Adriatico, che le permise una discreta crescita economica, sin dal tempo dei romani; ma fu con i Malatesta che il borgo venne fortificato, con l’edificazione della rocca e della torre d’avvistamento.
Non a caso, Montecolombo fu diretta testimone delle sanguinose battaglie tra Malatesta e Stato Pontificio, subì assedi e, nella rocca, fu imprigionato anche il signore di Rimini, Malatestino dell’Occhio, controverso personaggio storico citato anche da Dante, fratello di Paolo e Gianciotto Malatesta.
Complessivamente la rocca è imponente, seppure i continui interventi di restauro l’hanno resa ben diversa dalla fortezza massiccia che si estendeva fino a valle: ad esempio ora resta solo una torre circolare ma, nell’antichità, ve ne erano addirittura sei. L’utilizzo della poco resistente selce di fiume come materiale edile, ha reso necessari i successivi interventi.
Nel corso dei secoli, altri personaggi di spicco passarono da Montecolombo: Cesare Borgia, ad esempio, e Benito Mussolini che tenne un discorso nel Palazzo del Municipio. Montescudo si trova vicinissima a Montecolombo: impieghiamo più tempo ad infilare il casco e accendere la moto, che arrivare!
Montescudo è un paese che, prima di tutto, mi ricorda l’infanzia, quando venivo qui con le donne della mia famiglia a fare un pic-nic estivo nel parco pubblico: a quel tempo lo avevo ribattezzato “Parco di Biancaneve”, perché vi erano le statue di Biancaneve e dei sette nani, che io adoravo! Chissà se qualche abitante ricorda questo particolare e, magari, sa dirmi che fine hanno fatto i miei beniamini?! D’accordo che sono passati ormai 30 anni, ma una ragazza ha pure il diritto di sognare!
Ora, io vorrei dare una definizione che, spero, non offenda Bertinoro: Montescudo, è davvero un balcone sulla Romagna. Si, lo so. Il titolo spetta alla bella cittadina dell’entroterra forlivese (di cui vi parlerò presto) ma, per chiunque salga fino alla terrazza-giardino di Montescudo, credo sia impossibile non pensarlo. Lo sguardo spazia a 360° sulla Riviera Adriatica, fino al promontorio di Gabicce!
Il centro di Montescudo ha origini antiche: diciamo che, il toto-fondazione, se lo giocano quasi alla pari Etruschi e Celti: da una parte, il ritrovamento di una statuetta etrusca di un metro d’altezza, farebbe propendere per i primi; dall’altra gli scheletri giganti rinvenuti nella Chiesa di San Biagio, alla fine del XIX secolo, riporterebbero l’ago della bilancia sui secondi.
Mentre in periodo romano, Montescudo funse da stazione di posta per i corrieri che transitavano tra Rimini e Roma, successivamente si trovò al centro delle contese tra Malatesta e Montefeltro. Sigismondo Pandolfo Malatesta, infatti, fece fortificare la rocca e le mura, rendendola un importante baluardo difensivo.
Furono sistemati i camminamenti sotterranei e il passaggio segreto che portava fino alla torre di vedetta; anche la ghiacciaia di epoca romana, venne utilizzata ampiamente dalla signoria. Eppure non furono i Malatesta a garantire prosperità a Montescudo… bensì i francesi!
Durante il periodo napoleonico, infatti, divenne un importante centro amministrativo: un’unione ancora oggi ricordata sul gonfalone del comune, che riporta i colori della bandiera francese.
Passeggiare per il borgo è pura pace: tutto si raccoglie sulla minuscola piazza centrale, per spaziare poi sui punti panoramici. Uno dei più belli, senza dubbio, è quello sulla Torre Civica, del XIV secolo, una vera e propria terrazza da cui si ammira il paese dall’alto e, ovviamente, la costa. Nulla di questo splendore dei sensi, fa trapelare l’orrore vissuto dal borgo durante la Seconda Guerra Mondiale, quando venne bombardata persino dagli alleati, convinti che proprio qui, si rifugiasse un reggimento tedesco.
La successiva e ultima tappa è il Castello di Albereto, citato già nel XIII secolo, che raggiungiamo seguendo le semplici indicazioni stradali: si tratta di pochi km di tornanti, immersi in una natura verdissima. All’improvviso, poi, la notevole cinta muraria del pittoresco castello, ti sorprende con grazia, invitandoti a visitarlo.
Il paese non è piccolo, di più, ma di una bellezza così spiccata, da rendere necessaria una sosta. Se Montescudo l’ho definita un balcone sulla Romagna, direi che il Castello di Albereto è un terrazzino chic, quasi un privé, sulla vallata che scende fino all’Adriatico e sul Monte Titano.
Il Castello di Albereto è strutturato su un paio di vicoli, su cui si affacciano villette graziose, fino allo slargo su cui si spazia sul circondario. E, questa struttura, è esattamente quella con cui è giunto a noi dal passato, sin dalla fortificazione voluta da Sigismondo Malatesta: la “scarpata malatestiana”, infatti, è un nucleo composto da tre bastioni, alternati da possenti mura, una torre e il terrazzamento. Pura magia!
Ecco, se volete seguire un semplice itinerario che vi faccia conoscere la mia amata terra di Romagna, penso che questa escursione motociclistica attraverso i colli riminesi, sia davvero l’ideale; nulla vi vieta di ripercorrerlo in auto… l’importante è alimentare la propria voglia di scoprire!
In moto è diretto il contatto con ciò che si vede, con i profumi del territorio, con l’asfalto ma, se una moto non l’avete, oppure Maggembre prosegue con i capricci, vi suggerisco comunque di non rinunciare a quanto di bello, il nostro entroterra, ha da offrire.
Voglio concludere il mio racconto con due piccoli, minuscoli, infinitesimali consigli:
–a chi si muove in auto, consiglio di spostarsi leggermente sulla destra, quando vedono arrivare una moto. Lo so che ora mi starete scaricando addosso una serie di improperi romagnoli irripetibili, ma siate carini, lasciateci passare!
–a chi si muove in moto, consiglio di schiaffare di fuori quella bella manina per salutare tutti i loro simili. Dai ragazzi, mostriamo con orgoglio il nostro essere motocilisti con un bel saluto che è simpaticamente d’obbligo.
Claudia B. vocedelverbopartire.blogspot.com