Mostra fotografica “Luci dell’Est” di Dorin Mihai

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23 febbraio-1 maggio 2017

“Il popolo romeno, curiosamente, è il popolo più fatalista del mondo. Quando ero giovane mi indignava quel ricorrere a concetti metafisici dubbi – come il destino, la fatalità per spiegare il mondo. Ed ecco che, ora, più invecchio più mi sento vicino alle mie origini. Oggi come oggi dovrei sentirmi europeo, occidentale; ma non è affatto così. Dopo una esistenza durante la quale ho conosciuto molti Paesi e letto molti libri, sono giunto alla conclusione che era il contadino romeno ad avere ragione. Quel contadino che non crede in niente e pensa che l’uomo sia perduto, irrimediabilmente perduto, quel contadino che si sente schiacciato dalla storia. Questa ideologia da vittima è anche la mia concezione attuale, la mia filosofia della storia. In sostanza, tutta la mia formazione intellettuale non mi è servita a nulla!”

Emil Cioran

 

La mostra Luci dell’Est – Genuinità della Terra Romena ci consente di scoprire un paese che conosciamo solo per merito della cronaca, e che è in realtà molto più di ciò che pensiamo: affascinante, antico, emozionante, con paesaggi invernali fiabeschi, storie di lavori duri, volti rugosi, bruciati dal sole ma non privi di dignità. Volti di nonni che aspettano i nipoti, solitudini e… speranze.

L’inclinazione del popolo rumeno verso la dimensione eterna dell’esistenza, originata da un desiderio nascosto di fermare il tempo (o almeno di rallentare il suo scorrere) è illustrato in modo affascinante dalla poesia del filosofo romeno Lucian Blaga, intitolata “L’anima del villaggio”:

 

“Io credo che l’eternità sia nata nel villaggio.
Qui ogni pensiero è più tranquillo
e il tuo cuore palpita più lentamente,
quasi non ti batta nemmeno nel petto
ma sia, invece, da qualche parte nel profondo nel suolo.”

 

Raccontare la Romania paesaggistica e rurale, oltre i racconti di cronaca, è stata anche questa la motivazione di Dorin Mihai, che per 3 anni ha percorso, in gran parte, tutte le zone di questo paese ancora poco conosciuto nella sua anima antica. I colori, i ritmi e le consuetudini del villaggio romeno, che costituiscono il tesoro di una cultura materiale e immateriale, diventano metodo di conoscenza e immagine di gente e luoghi, fra solitudini e speranze. Dalle foreste agli insediamenti dei pescatori sul delta del Danubio, fino alla regione montana del Muramures, a nord del paese, con le sue caratteristiche chiese in legno, la percezione del villaggio romeno come qualcosa che “si integra in un destino cosmico, un cammino di vita totalitaria oltre il quale non esiste più niente”, come disse Lucian Blaga, nel suo discorso del 1938 “Elogio del villaggio romeno”. L’elemento dominante della mostra è l’inclinazione rurale riportata nelle immagini presentate, dimostrandosi quindi un ottima occasione di approfondimento di questa cultura.

 

 

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