Alta Valmarecchia

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In Alta Valmarecchia i Riminesi oltre che andare a Sant’Agata Feltria possono fare anche la piacevole esperienza di una mezza giornata al Lago di Andreuccio chiamato ufficialmente Lago di Soanne nel comune di Pennabilli.
Si supera Novafeltria poi dopo qualche km ad un incrocio invece di continuare per la strada Marecchiese si prende a sinistra la salita per il paesino di Maciano.
Dopo un po’ all’altezza della curva che immette in quella frazione, si tira dritto (ci sono i cartelli indicativi) e dopo circa 500 mt. si arriva al lago.
Buono per pic nic all’aperto ma ci sono anche due alberghi/ristoranti ed una piscina.
D’estate fare il bagno in piscina tra i monti è un’esperienza da provare.
Questo laghetto frequentato da sempre dagli abitanti della zona ha una sua leggenda, questa:
Tra fiabe e castelli
Il Lago di Andreuccio e la sua leggenda.
Il Lago di Andreuccio meta da sempre di scampagnate, si trova nel comune di Pennabilli vicino alle frazioni di Maciano, Soanne e Scavolino.
L’anno dei fatti è indicato in un generico 1300.
Il conte Evaristo di Carpegna era anche signore di Soanne e Scavolino.
Evaristo aveva una giovane ed incantevole figlia chiamata Elisabetta.
Quando da Carpegna andava con la bella stagione nelle residenze paterne di Soanne e Scavolino, Elisabetta soleva fare delle passeggiate nelle amene campagne della zona.
Un giorno durante una passeggiata aveva incontrato Andreuccio, giovane e bel pastorello del luogo che governava i propri animali.
I due ebbero occasione di vedersi ed incontrarsi altre volte fino a quando Andreuccio dichiarò ad Elisabetta il suo amore, ricambiato da lei.
Ma i due giovani erano spiati da un cavaliere del castello che riferì tutto al conte Evaristo.
“Non sia mai che mia figlia di nobile lignaggio frequenti o addirittura sposi un villico del popolino”, così pensava il conte.
Un pomeriggio sul tardi come aveva fatto altre volte la bella Elisabetta aspettava di incontrare il suo Andreuccio nei pressi del laghetto del luogo.
Ma Andreuccio non si vedeva.
La contessina alla fine tornò a casa.
I giorni seguenti si venne a sapere che sulla riva del lago erano stati trovati un pugnale e tracce di sangue.
Le voci dicevano che il conte aveva fatto uccidere Andreuccio facendone poi sparire il corpo.
Allora Elisabetta si precipitò al laghetto e gli chiese dove fosse finito il suo amore.
Ma il lago non rispose, rimase muto per non darle un grande dolore.
Elisabetta intuendo la verità, vinta dalla disperazione si buttò nelle sue acque affogando.
Il conte disperato per ciò che era successo, decise allora di dare al lago il nome del pastorello, Andreuccio.
E certe sere all’imbrunire sembra ancor oggi di sentire provenire una voce femminile dalle acque del lago che chiama “Andreuccio, Andreuccio”.
Storia questa inventata di sana pianta dalla fantasia popolare del 1400/500 o 600, da raccontare le sere d’inverno al caldo alla veglia accanto al fuoco.
Forse ci può essere anche stato all’epoca un bel giovanotto del luogo di nome Andreuccio che faceva innamorare tutte le ragazze della zona con possibilità che fosse stato notato anche dalle dame al seguito del conte di Carpegna in vacanza estiva in quei posti, da cui la voce popolare “Andreuccio ha fatto innamorare anche la figlia del conte”, tessendoci dietro tutta la relativa trama del racconto.
Oggi molti frequentatori del lago generalmente non conoscono l’esistenza di questa leggenda e chi sa che esiste ne conosce spesso la trama in maniera vaga.
Noi che invece la conosciamo in maniera precisa anche se sappiamo essere una favola, proviamo pietà per i due sfortunati amanti, ci ricordano anche se non sono stati cantati da Dante i due non lontani geograficamente Paolo e Francesca di Rimini e quando andiamo al Lago di Andreuccio lo guardiamo adesso in maniera diversa rispetto a prima.

Alta Valmarecchia
Seguendo il corso del fiume Marecchia da monte a valle, all’inizio di Secchiano, dirimpetto ad esso di là dal fiume c’è la località Piega, poi c’è Sant’Antimo e si arriva continuando la strada in salita passando per località Celle, sotto San Leo.
A Piega c’era un castello, apparteneva alla famiglia Olivieri che aveva lì il proprio feudo che continuava in alto con Sant’Antimo e località Celle.
Terre fertili quelle.
Alla fine di Secchiano prendendo la strada per Sogliano al Rubicone subito lì all’inizio, c’era il castello di Galasso da Montefeltro, ghibellino che aveva in quella zona e nella piana che porta a Ponte S. Maria Maddalena il suo feudo.
Galasso apparteneva alla famiglia dei conti di Montefeltro, ramo collaterale dei conti di Carpegna.
Fu podestà di Cesena, di Arezzo poi di Pisa e di nuovo di Cesena.
Venne nominato nel 1277 capitano delle truppe urbinati quando assaltarono e conquistarono Castel delle Ripe, l’attuale Urbania.
Nel 1289 assieme al cugino Bonconte da Montefeltro che lì perse la vita “forato ne la gola”, Galasso fu uno dei comandanti delle schiere ghibelline di Arezzo nella battaglia di Campaldino contro la guelfa Firenze.
Bonconte fu poi cantato da Dante nel V canto del Purgatorio
“Io fui di Montefeltro. Io son Bonconte. …”.
In quella battaglia i due cugini si trovarono come avversario anche un Dante Alighieri 24enne che combatteva nei Feditori, cavalleria leggera comunale col compito di attaccare il nemico, colpirlo e velocemente rientrare nei ranghi di partenza.
Erano tutti giovani i Feditori in quanto il giovane è più agile e pesa meno dell’adulto.
Inoltre i comandanti preferivano impiegare i giovani nei Feditori in quanto non erano abituati alle fasi cruente della battaglia, con i combattimenti a corpo a corpo, con i colpi d’ascia e di spadoni che facevano schizzare il sangue da tutte le parti e maciullavano i corpi.
Da adulto Dante rievocando la sua partecipazione alla battaglia disse “ebbi temenza molta”.
Tornando a Galasso, con l’aiuto dei soldati della città di Cesena di cui in quel momento era podestà, nel maggio 1299 assediò il castello di Piega.
Reggeva quel castello Bartolino Olivieri con il figlio Oliviero, conti guelfi.
Venne in aiuto di Galasso anche il conte Corrado di Pietrarubbia, sempre un conte della famiglia Montefeltro, con le sue truppe.
Il 29 maggio dopo 25 giorni di assedio il castello di Piega capitolò.
Galasso mise a morte facendoli impalare, Bartolino ed il figlio Oliviero.
Vari parenti degli Olivieri furono trucidati.
Rimasero integri a quel punto solo gli Olivieri della Penna.
Galasso allargava intanto i suoi domini.
Nel 1300 guidò le truppe cesenati all’assedio del castello di Uffugliano che capitolò.
Poi Galasso nello stesso anno morì.

Gaetano Dini

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