Oggi abbiamo deciso, per una volta, di parlare di un romagnolo. Solitamente non siamo avvezzi a questo genere di cose, ma data la caratura del personaggio e a quello che ci ha lasciato, abbiamo creduto fosse doveroso raccontare di lui.
Oggi parliamo di Don Oreste Benzi. Uno di noi.
Nasce a San Clemente (allora in provincia di Forlì) il 7 Settembre del 1925. A 7 anni a scuola la sua maestra presentò tre tipi di figure: l’esploratore, lo scienziato e il sacerdote. Colpito da tale lezione, tornò a casa da scuola e disse alla madre che voleva diventare prete: una volontà che non mutò mai e che lo portò in seminario alla tenera età di 12 anni (Urbino e dopo tre anni a Rimini).
Ricevette l’ordinazione sacerdotale dalle mani del vescovo di Rimini Mons Luigi Santa, nel 1949.
Da subito mostrò un interesse particolare per i giovani, in particolare per la fascia “pre-ju” (13-15 anni) che lo accompagnerà per tutta la sua attività: aveva un fervido desiderio di permettere agli adolescenti “un simpatico incontro con Cristo”.
Era infatti convinto che fosse in questa fascia di età nella quale si formavano i valori e quindi, secondo lui, era fondamentale questo incontro. Fu grazie a questa sua convinzione, fatta di gioia e talvolta ironia, che tantissimi giovani videro in un ottica differente l’incontro con la Chiesa e con Cristo.
Nacque da questa sua passione una serie di attività volte ai giovani che confluirono, tra l’altro, alla realizzazione della “Casa Madonna delle Vette” (1961), nella quale passarono migliaia di giovani.
Il ’68 fu un anno cruciale nella vita di Don Benzi: a Rimini fu aperto un istituto per aiutare persone con handicap, tra cui moltissimi giovani. In questa circostanza nacque in lui il fortissimo desiderio di stare vicino ai bisognosi: nacque la comunità “Papa Giovanni XXIII”.
Nello stesso anno divenne parroco della neonata parrocchia de “La Resurrezione” alla quale rimarrà legato per tutto il resto della sua vita, aiutandola a nascere e a crescere (infatti non vi era nessuna Chiesa in zona).
Fondamentale per la comunità fu l’incontro all’allora Bar Cenni: qui emersero le priorità della comunità che il Don cercò di soddisfare con tutte le sue forze.
Tra queste ve ne furono 2 in particolare: la necessità di un asilo e di una Chiesa, appunto. Presa coscienza di tali richieste, già nel 1971 vi fu l’inaugurazione di entrambe. Nel frattempo, però, le prime messe si svolsero nei garage messi a disposizione dai parrocchiani.
Una delle ultime “opere tangibili” del parroco è possibile verificarla sulla superstrada che porta a San Marino: pretese l’installazione dei semafori dato l’elevato tasso di mortalità dovuti alla velocità eccessiva. Ci riuscì tramite un corteo insieme ai suoi parrocchiani. Ancora oggi, infatti, vengono chiamati “i semafori dei preti”.
La sua passione e la sua fede lo portarono ad essere un punto di riferimento per la comunità intera, fino al punto di chiedere per lui la beatificazione. Vogliamo chiudere questo racconto con alcune delle sue parole in merito a cosa significasse “un simpatico incontro con Cristo”:
“Abbiamo sempre detto che bisogna avere un incontro simpatico con Cristo, ma quand’è che uno ti è simpatico? Quando praticamente quel che sente lui lo fa risuonare a te e diventa colui che tira fuori la parte più bella di te. Guardate quanto è simpatico il Signore e il mondo oggi ne ha tanto bisogno! Il Signore sa distinguere il bene e il male, però non fa preferenza di persona, ma guarda invece dentro il cuore. Uno che fa così ti è simpatico! Dici: “ma guarda che tipo”! Sto con Lui, perché anch’io sento questo, magari non ce la faccio a viverlo, però sto con Lui”.
Andrea Dalpiano de La Rimini Nascosta