Francesca da Rimini

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Figlia di Guido da Polenta, notabile signore di Ravenna, alla sola età di 15 anni, fu data in moglie a Gianciotto Malatesta signore di Rimini. Matrimonio frutto di un interesse, celebrato più che per amore ma per la celebrazione stessa di un’alleanza tra due casate di Romagna. Non si conosce molto della vita di Francesca, si sa che ha avuto una figlia e che è morta alla sola età di 23 anni.

Quello che però tutti conosciamo di lei, lo ha raccontato Dante Alighieri, nel Canto V dell’Inferno (divina Commedia), racconto che davvero nelle righe struggenti, narra la sua vicenda persa tra il mito e la realtà. Dante e Virgilio percorrendo i cerchi dell’Inferno, arrivano al II cerchio, la caratteristica del posto è il lamento continuo e triste che riecheggia.

Dante comprende che quelli sono lamenti di chi ha peccato con la carne, di coloro i quali hanno fatto vincere l’istinto in contrapposizione alla ragione, tutti quanti loro erano in quel luogo perché morti in nome dell’amore. Dante viene attratto soprattutto da due figure, che sono abbracciate e cosi attaccate si muovono portate dal vento e scopre la loro storia: Paolo Malatesta, cura il matrimonio che avviene per procura tra il fratello Gianciotto e la giovane Francesca.

Paolo bello, Gianciotto sgraziato, Francesca non conoscendo nessuno dei due, crede che il suo sposo sarà Paolo e invece si ritrova sposata con Gianciotto. Attratti comunque l’uno dall’altra e scoperti da Gianciotto mentre un “casto bacio” di Paolo sfiorava Francesca, furono uccisi. Tra i versi più struggenti e conosciuti dell’opera dantesca: “Amor, che a nullo amato amar perdona/mi prese del costui piacere sì forte…”

Paolo e Francesca

Un mito caratterizzante la città di Rimini è senz’altro rappresentato dalla storia di Paolo e Francesca, Paolo Malatesta e Francesca da Polenta, che s’innamorarono in modo folle e che vennero scoperti da Gianciotto Malatesta, marito di lei e fratello di Paolo, che li trucidò barbaramente. Trattata nel V Canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, la storia fra i due giovani amanti riminesi, ha da sempre appassionato ed entusiasmato.

Nel canto V Dante Alighieri, mentre si trova nel girone dei lussuriosi, dove si trova anche l’eroe greco Achille, è attirato da due anime che volano congiunte e chiede loro di poter parlare un po’. È Francesca che risponde a Dante, descrivendogli la loro celestiale storia d’amore, la scintilla che scoccò fra i due quando leggevano il libro che parlava del bacio fra Lancillotto e Ginevra (“Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancilotto come amor lo strinse”), il tragico epilogo del loro amore e, nonostante tutto, la forte passione che ancora li lega, come si rinviene nei versi “Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi a una morte: Caina attende chi a vita ci spense”.

L’amore impossibile, sfortunato e adultero di Francesca da Rimini l’ha dunque condannata alle pene dell’inferno, rendendo la loro storia immortale, tratteggiata su opere letterarie e impressa in innumerevoli opere pittoriche di artisti della scuola riminese e non come Giuseppe Fraschieri e Alexander Cabanel.

Paolo e Francesca “Le Baiser” Auguste Rodin

Francesca da Rimini

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1 commento su “Francesca da Rimini”

  1. fulvia missiroli

    Francesca era una Da Polenta, una ravennate, come per altro si definisce lei stessa di fronte a Dante: una “Francesca da Ravenna” quindi. L’epiteto “da Rimini” è quindi un errore che si è inserito e diffuso anche grazie alla tragedia di D’Annunzio musicata poi e diffusa con questa dicitura. Come ravennate ‘rivendico’ la ravegnanità di Francesca

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da todro