Grand Hotel Rimini

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Per far fronte alle esigenze del turista medio nascono inoltre centinaia di alberghi, hotel di Lusso a Riminib&b a Rimini e in tutta la Riviera Romagnola. Nel 1906 il Comune concede in locazione trentennale la gestione dell’Azienda Bagni ad una società privata, la Società milanese alberghi ristoranti e affini (SMARA), stabilendo fra gli obblighi dell’assuntore quello di edificare un grande albergo di lusso.

Nasce così il Grand Hotel di Rimini, inaugurato nel 1908 alla presenza di autorità, principi, dame fatali e celebrità.

In una località turistica come Rimini piena di Hotel non poteva mancare eleganza, stile e bon-ton, ne è la prova la maestosa opera architettonica del Grand Hotel Rimini. Inaugurato nel 1908 su progetto di Paolito Somazzi per conto della Società milanese alberghi ristoranti ed affini (SMARA), il Grand Hotel fu fortemente voluto dal Comune di Rimini per rivolgere la propria offerta turistica a personalità dell’alta borghesia, personaggi noti e autorità.

Edificio imponente in puro stile Liberty ispirato alle architetture della Costa Azzurra, il Grand Hotel a Rimini fu ideato capiente e di bellezza sconvolgente: dotato di oltre duecento stanze, ampie terrazze con vista mare, luminosi saloni, graziosi boudoir e raffinati negozi e  riuscì  fin da subito a far presa su personalità ricche e benestanti.

Storia turistica e ricostruzione

La costruzione di un’opera così importante e prestigiosa collocò Rimini tra le località più ambite dal turismo internazionale: feste, eventi, mostre d’arte grandi balli e manifestazioni di ogni tipo si stagliarono in un contesto sempre più fervente e originale che arrecò alla cittadina romagnola il titolo di patria del divertimento di classe e svago.

Nel 1920 un rogo distrugge le due cupole centrali posizionate sull’edificio del Grand Hotel Rimini (che on furono più ricostruite) e sono questi gli anni che segnano una svolta radicale del turismo romagnolo.

Per due ordini di ragioni: da un lato la amministrazione cittadina che dà vita ad una politica di impulso allo sviluppo urbanistico della zona mare, incentivando la costruzione di servizi, negozi, alberghi di livello medio-basso, pensioni, appartamenti in affitto e residence.

Non l’incendio, del 1920 che ne distrugge le cupole lignee, ma la seconda guerra mondiale ruppe l’idillio e il poemetto bucolico vivibile nei soggiorni mondani riminesi.

Il grand hotel subì ingenti danni che lo condussero man mano verso il declino e l’abbandono, tornando alla vita solo a partire dagli anni sessanta grazie ad cospicuo restauro. Negli anni settanta fu  Fellini a rimanerne ammaliato dal carisma, tanto da introdurlo spesso come sfondo o  scenario all’interno delle sue pellicole che hanno contribuito a diffonderne la fama.

Considerata una delle strutture più belle del Mediterraneo con la sua candida facciata, il cornicione sormontato da mezzi busti che lo rende turrito, distinguendosi come opera magica e affascinante, nel 1994 è stato annoverato tra i beni culturali e dichiarato  monumento nazionale.

Fellini e i personaggi di spicco dell’epoca

Fellini un giorno ricordò. «Le sere d’estate il Grand Hotel  Rimini diventava Istanbul, Baghdad, Hollywood. Sulle terrazze, protette da cortine di fittissime piante, forse si svolgevano feste alla Ziegfield. Si intravedevano nude schiene di donne che ci sembravano d’oro, allacciate da braccia maschili in smoking bianco, un venticello profumato ci portava a tratti musichette sincopate, languide da svenire.

Erano i motivi dei film americani: Sonny boy, I love you, Alone, che l’inverno prima avevamo sentito al cinema Fulgor e che poi avevamo mugolato per interi pomeriggi, con l’Anabasi di Senofonte sul tavolino e gli occhi perduti nel vuoto, la gola stretta».

E come fa un vaso cosi a non produrre sogni? Come fai a non pensare che là dentro non ci si faccia qualche pezzetto di storia? In fondo dalla porta a vetri dell’hotel di Rimini, una piccola bocca sulla grande faccia candida, sono andati su e giù la pelata di Gorbaciov, la leggerezza regale di Lady D e la composta diplomazia di Simon Peres e Giulio Andreotti.

Con un po’ di fantasia, sempre quella, ci senti ridere Aldo Fabrizi, Mimmo Modugno, Vittorio De Sica, Walter Chiari.

I casi di vita e morte del grand Hotel Rimini

Sono magie strane. Più forti delle maledizioni che il Grand Hotel si porta dietro. Un tributo inevitabile al mito. La famiglia Arpesella, che ne ha attraversato la storia per decenni, su quei tappeti ci ha lasciato il sangue.

Pietro Arpesella, il commendatore, nel 2003 chiuse la sua parabola sparandosi un colpo al cuore.

Come il figlio Marco, morto suicida in una stanza dell’hotel di Rimini sedici anni prima. Vita e morte passano per quel corridoio ‘alberato” con le statue dei mori. Morte di un furbetto, come Danilo Coppola.

E morte di un genio. La fine di Fellini, ormai malato, iniziò proprio da una di quelle 117 camere.

Dopo l’intervento che subì all’aorta, il regista telefonò all’avvocato riminese amico di una vita Luigi ‘Titta” Benzi. «Sono vivo – disse con una vocina al telefono dalla Svizzera -. Vengo a Rimini, dove vuoi che vada, pataca!».

Per visitare il grand hotel: Raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Rimini con l’autobus n.11

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