La “paghetta” è una istituzione abbastanza recente. Quando ero bambino a casa nostra non esisteva; mamma ci dava i soldi quando avevamo necessità di comprare qualche quaderno, matite, colori: tutti oggetti necessari a scuola.
C’era però una particolarità; in casa nostra viveva lo zio paterno Sante, vedovo e senza figli. Noi lo chiamavamo nonno Sante. Pensionato delle FF.SS., ex operaio calderaio nella locale Officina Locomotive (operai che lavoravano dentro le caldaie delle locomotive a vapore e che erano purtroppo, chi più o chi meno, destinati alla perdita dell’udito) godeva di una pensione che riscuoteva mensilmente e in quell’occasione dava a noi tre fratelli 100 lire a testa.
Era un bel regalo, considerato il periodo ed era un esborso di 300 lire su una pensione che non era certamente d’oro. Cosa fare con quelle 100 lire? Io sapevo come spenderle.
Andavo a scuola dalle Maestre Pie e sul percorso, da casa a scuola, in via Garibaldi, c’era una grande pasticceria “da Giordano” che aveva una vetrina invitante e quando si passava nei suoi pressi un profumo allettante ti inondava.
Ero un gran goloso e non riuscivo a resistere a quell’invito. Con quelle 100 lire compravo 5 maxi paste da 20 lire l’una: 1 cannolo alla crema, 1 diplomatico, 1 meringa, 1 bignè al cioccolato, 1 dolcetto alla mandorla, che mi “sbaffavo” in men che non si dica. Leccavo pure la carta dove erano state avvolte. I miei fratelli invece facevano il gruzzolo e le conservavano per acquisti più consistenti.
La cosa arrivò alle orecchie dei miei genitori: “abbiamo visto Guido da Giordano, avevate festa in famiglia?” della serie, se ognuno si facesse i fatti propri….” A letto senza cena” fu la punizione immediata e come maggior punizione la paghetta mi fu tolta e non solo, per punizione e per farmi capire l’errore che commettevo, alla prima necessità di un quaderno, il babbo mi diede alcuni fogli di carta gialla dicendomi: “riavrai il quaderno quando avrai capito il valore dei soldi, i soldi non si sperperano, a casa non ti manca niente per grazia di Dio, e per punirti a scuola farai i compiti sulla carta gialla….” e con quella andai a scuola.
La carta gialla era la carta utilizzata dai negozi di generi alimentari per fare i cartocci; oggi è quella che spesso viene portata in tavola con la frittura di pesce.
A scuola, al momento del dettato, presi dalla cartella questa carta e piangendo dalla vergogna la bagnai completamente. Di fronte a tutti i miei compagni e alla maestra dovetti raccontare, con grandissimo imbarazzo e fra le lacrime il perché di quella carta in sostituzione del quaderno.
La punizione che mi fu imposta mi servì da lezione e ancora oggi, ripensando quell’episodio, ritengo che i miei genitori abbiano agito nel mio interesse e ricordandoli, li ringrazio.
Guido Pasini