Rimini, città mai del tutto sentita mia, mai del tutto conquistata, Montetiffi-Rimini, due realtà completamente diverse ma per certi aspetti simili, simili in cosa?
Simili per la gente dei “borghi”, che ora mantengono il nome ma non quelle peculiarità che li contraddistinguevano l’uno dall’altro facendo di ognuno di questi un piccolo mondo, un universo a parte di quel grande corpo che era la città.
Un piccolo mondo antico fatto di tradizioni, di osterie, di persone che vi confluivano, una miriade di storie individuali, che davano vita a quella collettività perduta e che rimane solo un ricordo.
Ripercorrere anche un breve tratto di strada di queste persone, anzi personaggi, ognuno per quel che era e per quel che rappresentava in quel microcosmo, meriterebbe una biografia.
Già le osterie, oggi le osterie si chiamano osterie solo di nome ma non di fatto. Cos’erano le osterie di una volta? Sull’Onda del ricordo cito quelle che mi hanno visto percorrere un tratto di strada insieme a questa dolente ma orgogliosa umanità.
“I reduci” con il simpaticissimo Osvaldo Vittori, gestore e animatore, “Otello” dove ci si rifugiava d’inverno al tepore di quella stufa di terracotta rossa bevendo vin brulè, o un bicchiere di zibibbo.
La trattoria da Gambon, metà osteria e metà cucina per dei pranzi semplici e frugali, ricordo ancora il “bagno” nel cortile, con la turca e la carta di giornale infilata in una spranga a uncino.
Il gioco a bocce in via Titano, vicino al Mavone, dove da bambini si giocava nel canneto prospiciente. La fornace Fabbri, luogo di dura fatica e delle nostre scorrerie di bambini.
Il gioco delle bocce al ponte dei mille dove ora c’è il ristorante cinese. Gli appassionati giocatori, Silo, Lasagnin, per dirne solo i primi due che mi sovvengono.
Sotto scorreva il fiume, sopra il vino a fiumi, servito ai giocatori e agli astanti dall’indimenticato Bianchi, Montecavallo, che c’è ancora ma è ben diverso.
La fonda dove un’Orchestrina allietava le “serate danzanti”, il circolo del borgo San Giuliano, con il suo svariato campionario di umanità, I maestri del biliardo, Libero, severo ma sincero, l’iracondo Zvanin Calcinelli, Chino, e la saggezza fatta persona Armando (bighin), e poi Turein, ancora Silo, i giocatori di briscola, Italo,
L’iroso quanto buono Ivan, Betti Lazzaro detto Parlòz e Gamelino, Mario Hombre detto anche Full per il nome del suo cane, Buli, il fiaccheraio, “e Dutor” Antonio Bianchini” Toio”, e non finirei più, in ognuno di loro potevi leggere un pezzo di storia di questa città, bastava solo guardarli con occhi attenti e ascoltarli col cuore.
Domenico Piscaglia
Guido Canarezza Non ho ricordi di gioventù di Rimini, essendo di Riccione, ma i nomi i luoghi le sensazioni, le emozioni sono le stesse, frammenti di memoria colmi di nostalgia!
Daniela Ceccarelli C’era una socialità e un’umanità che ora non c’è più come quei mondi che le rappresentavano. Per natura non sono nostalgica, o forse non me lo permetto per non sentire il peso della differenza. Ma quando si pescano nella memoria certi momenti, certe atmosfere, lontani anni luce dalla quotidianità di oggi, il senso delle cose perdute in un tempo collettivo e individuale irripetibile, è misto a una certa malinconia.
Ph. Marco Filippi