Toponomastica di Rimini

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Per toponomastica s’intende l’insieme di nomi che nel tempo sono stati attribuiti ad alcune entità geografiche, solitamente il loro studio è legato a quello storico-linguistico locale.

Toponomastica di Rimini nel medioevo

Di seguito riportiamo una breve toponomastica di Rimini, che fa riferimento all’epoca romana e medievale.

Attraverso il nome dei luoghi si racconta il passato e, non di rado, esso è stato tramandato per secoli, per indicare una determinata area, grazie alla forza di divulgazione e significato acquisita.

Segnaliamo alcuni dei toponimi legati al nostro territorio.

Il fiume “Marecchia“, in epoca romana fu chiamato Ariminus, da qui derivò Ariminum, nome dal quale poi ha origine il nome della città di Rimini.

In età alto-medievale il fiume fu chiamato “Maricla” o “Maricula”, come a intendere un piccolo mare, probabilmente per via della portata d’acqua che assumeva. Fu in un’occasione di piena, rintracciabile in alcuni documenti antichi, che il fiume ruppe gli argini sfociando nella zona di Viserba e nelle sue vicinanze il quartiere fu chiamato “San Martino in Riparotta“.

Per il fiume “Ausa” il nome nasce in epoca romana e identificando un corso d’acqua, un fiume, appunto.

L'”Ausella”, che successivamente prese il nome di “Fossa Patara“, prendeva il nome dal rione che attraversava. “Fossa dei Molini” fu attribuito al rione che contava la presenza di molti mulini idraulici alimentati dal corso d’acqua. Oggi la “Fossa Patara” non è visibile e in via Guerrazzi, dietro il Tempo Malatestiano, ci sono tracce di un antico corso d’acqua.

Il “Macanno” è un nome derivante da “fango” e in epoca medievale identificava alcune zone paludose che circondavano Rimini, oggi, infatti, esiste via “Macanno”.

Per identificare le zone paludose di Rimini “Padulli“, note anche come “fossa Padulli”, nell’area del “Mavone Piccolo”, tra Spadarolo e Covignano, venivano utilizzati i termini “Padule” o “Palude”.

Il caso di “Lagomaggio” fa riferimento a un’area ricca di acquitrini, tra la zona Colonnella e il mare, dove attualmente troviamo l’omonima via, “Lacus Maior” indicava il maggiore degli acquitrini, la tradizione racconta che in questa zona fu gettato il corpo martirizzato di San Gaudenzo ed è qui che è sorto il monastero.

“Condotti” era il nome di via Dario Campana, infatti, era qui che scorrevano condotti della fontana di piazza Cavour.

Al Quattordicesimo secolo appartengono le denominazioni delle vie dei lavoratori, come la “via della Pescheria“, o “vicolo della Pescheria”.

Via di San Michelino in Foro” fa riferimento al foro antistante che prima della costruzione dell’isolato che oggi presenta la torre dell’orologio.

“Via di Santa Maria in Corte” e “via di Santa Maria al Mare” vennero denominate così in quanto conducevano alle rispettive strutture religiose.

Nel borgo San Giuliano, oggi troviamo ancora “via della Chiavica” e “via del Pozzetto” e nell’attuale via Pisacane nella zona di piazza Cavour si situava la “via delle Tavernelle”.

Vicolo San Martino era la “via delle Carceri”, che prima erano situate alla base della torre civica del Palazzo dell’Arengo.

Verso il Ponte di Tiberio e il porto c’erano la “via degli Alberghi”, o anche “via delle Osterie”, che attualmente si chiama via De’ Battagli.

Via Garibaldi, era “via dei Magnani”, ovvero dei fabbri, artigiani e contadini, fino a porta Montanara, dalla quale si giungeva alla “fossa Patara” dove c’era la “via dei Calegari”, i conciapelle.

Via Cattaneo, era la “via dei Murazzi”, ovvero presentava i resti delle antiche mura, che furono completamente abbattute successivamente con la Seconda Guerra Mondiale, nelle vicinanze c’era il “vicolo delle Stalle”.

Piazza Tre Martiri in epoca medievale era la “piazza del Foro”, o anche “piazza Maggiore”.

Piazza Cavour era la “piazza del Comune”, o anche la “piazza della Fontana”.

Piazza Malatesta era la “piazza del Corso”, dove in epoca romana scorreva il traffico mercantile.

Via Raffaele Tosi, era una piazza chiamata il “campo dei Buoi”, dove aveva luogo il mercato del bestiame.

Toponomastica di Rimini tra il 1600 e il 1900

Le immagini provengono dall’archivio privato di Luigi Giorgetti che ha raccolto con pazienza  e cura le vecchie immagini dell’amico Franco Perazzini. Le illustrazioni sono così antiche, alcune addirittura del 1616, che non è stato possibile risalire all’artista originale che le ha riprodotte.

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Precisazione sulla toponomastica contemporanea di Davide Bonadei (2015)

Quando venne creato il deviatore separando San Giuliano dai terreni del quartiere di Rivabella , quest’ultima venne inglobata nel contesto di Viserba o Rimini nord (come venne chiamato in seguito) e nella toponomastica del comune venne inserita come frazione, a differenza delle “Celle” e dei “Padulli” che ancor oggi non vengono riconosciuti come frazioni.

Alcuni siti vengono chiamati quartieri, tutte le frazioni, compresi persino Corpolò, Santa Giustina e Gaiofana.

Se infatti venisse creato il comune di Viserba, Rivabella ne farebbe parte, le “Celle” invece rimarrebbero sotto Rimini pur essendo entrambi due territori contigui ed entrambi al di là del deviatore.

Ad esempio ci sono quartieri di Rimini che a livello di catasto sono considerati frazioni e non quartieri, come Borgo Marina.

Poi ci sono le cosiddette frazioni condivise come San Vito che fa parte di ben quattro comuni, Rimini, Santarcangelo, San Mauro e Bellaria (considerando la frazione di “Borgo Nuovo” una “sottofrazione” di San Vito).

Per quanto riguarda la fonte Sacramora, quella principale è a Viserba proprio nella località Sacramora, usualmente (e tecnicamente erroneamente) viene indicata anche la Fonte Pantera di Rivabella come Sacramora.

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