Un angelo

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Da poco diplomato, lavoravo come impiegato presso la Cassa di Risparmio (di Rimini); all’epoca di Cassa di risparmio c’era solo quella. Ero stato destinato al centro meccanografico presso la Sede centrale, situato al piano terra, con ingresso dal retro, in via Cattaneo. Il periodo estivo andava dal 1° maggio al 15 settembre.

Avevo conseguito la patente di guida nel 1964 e non avevo mai avuto l’occasione di guidare per lungo tempo fuori dalla mia città. Con i cugini ferraresi, Anna e Piero, decidendo di prendere una vacanza turistica e varcare i confini della regione, programmammo un viaggio nella verde Umbria.

Ci organizzammo con cartine stradali, studiammo in ogni particolare i percorsi, le tappe e l’equipaggiamento. Decidendo di farlo in austerità, anche per forza maggiore non disponendo di particolari risorse finanziarie, ci scrivemmo all’AIG, associazione che gestiva gli Ostelli della Gioventù in Italia; a Rimini era a Miramare, sulla statale Flaminia – se non ricordo male, gestita da un certo Girometti (?).

Per il mangiare ci attrezzammo con scatolette, fornelletto a gas, posate e piatti di plastica, senza tralasciare una pentola per cuocere un buon piatto di pasta, perché, mangiata quella, lo stomaco era pressoché sistemato.

Pochi giorni prima della prevista partenza il babbo portò a controllare l’auto, una Fiat 600, nell’Officina Fiat di Carlo Benassi, posta alla confluenza di via M. D’Azeglio con via Circonvallazione Occidentale, vicino al ponte di Tiberio.

Temendo che il prolungarsi della guida mi provocasse problemi di sudorazione alle mani (il volante era di plastica), comprai al mercato un paio di guanti in pelle per la guida, quelli senza dita e forati nel palmo per migliorare la traspirazione. Quando alla partenza mi presentai con quei guanti suscitai l’ilarità dei miei cugini; infatti erano più idonei se indossati per guidare una spider, non una misera utilitaria.

Fra tante preoccupazioni e raccomandazioni dei nostri famigliari, partimmo a pieno carico il 1° ottobre, molto prima dello spuntare dell’alba, in direzione di Bibbiena, la nostra prima designata tappa.

Salendo verso il passo dei Mandrioli, la Gigia, così avevamo battezzato l’auto, cominciò ad emettere uno strano rumore ritmato che, con attento ascolto, sincronizzammo con il rotolìo delle ruote: un bullone della ruota posteriore sinistra era allentato. Con non pochi improperi indirizzati al meccanico che aveva controllato l’auto, con lo sforzo di tutti noi tre, riuscimmo a serrare il bullone e ripartimmo prestando orecchio per i primi chilometri.

Intanto si erano fatte le otto e attraversando i paesi cominciammo a vedere frotte di bambini, ragazzi e giovani che, muniti di cartella, si recavano a scuola. Il primo giorno di scuola era istituzionalizzato per tutte le scuole il 1° ottobre, San Remigio. Li commiserammo e quasi li prendemmo in giro; noi invece facevamo i turisti…

Dopo Bibbiena che visitammo a grandi linee, arrivammo ad Arezzo. Dopo un pranzo spartano, ripartimmo in direzione di Perugia. Perugia era la nostra meta per visitare l’Umbria, perché da lì avremmo raggiunto gli altri centri per rientrare alla sera nell’Ostello di Perugia – l’unico in Umbria aperto in quel periodo.
Era nostra preoccupazione raggiungere l’ostello in tempo utile per prenotare il posto letto.

Su e giù per le strette e trafficate strade di Perugia, gira e rigira, l’ostello era lì, si vedeva ma non riuscivamo a raggiungerlo. Chiedevamo informazioni, ma gira e rigira ci ritrovavamo sempre nello stesso punto… e l’ostello era lì, a portata di sguardo, nella piazzetta sottostante.

Dopo non so quanti giri e dopo un’ora e forse più, di tentativi, sfiduciati e quasi decisi a desistere, io al volante innervosito e ormai sudaticcio, scorgemmo un vigile urbano che si allontanava a piedi.

Lo raggiungemmo e chiedemmo, per l’ennesima volta, come raggiungere l’ormai famoso ostello: il percoso indicatoci era quello che avevamo girato per più di un’ora senza risultato, perciò supplicandolo, gli proponemmo di salire a bordo della Gigia per accompagnarci sul posto.

Sarà stata la nostra supplica o lo stato in cui eravamo ridotti dopo tanto girare, che accettò di salire a bordo. In pochi minuti, una decina, con il vigile a bordo, l’ostello fu raggiunto. Il percorso era quello fatto decine di volte, solo che ad un certo punto avremmo dovuto deviare per una stradina che non avevamo mai considerato, tanto era stretta e in forte pendenza.

Quel vigile (fra l’altro con la divisa tutta bianca) fu il nostro Angelo che ci aveva “illuminato” il cammino.

Il nostro tour continuò con la visita di Perugia, Spoleto, le fonti del Clitunno, Spello; ad Assisi arrivammo per puro caso il 4, giorno di festa per la ricorrenza di San Francesco, poi Gubbio e prima di rientrare a Rimini, nel sesto giorno del nostro peregrinare, Urbino.

Guido Pasini

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