Nel 1958 compivo 15 anni. Abitavo da 4 anni a Marina Centro proveniente dal Borgo S. Andrea. Avevo sentito parlare del Villino Azzurro posto in prossimità del Marecchia, dopo il ponte di Tiberio, verso la marina, come di un posto dove erano ammessi solo i maggiorenni maschi, ma per fare cosa e perché solo loro, non mi era stato spiegato.
Compagni di scuola più grandi e già smaliziati fra i denti mi avevano fatto intendere qualcosa, ma nulla di troppo chiaro. Bisogna tenere presente che la quasi neonata televisione era sottoposta a stretta censura; neppure le gambe delle ballerine erano in bella vista e i pochi sceneggiati schivavano argomenti ritenuti scabrosi e poi, “dopo Carosello tutti a nanna” per essere freschi l’indomani per la scuola; quindi l’unico flusso d’informazione era il passaparola fra amici e compagni di scuola, i più grandi, i ripetenti.
Oggi ci si meraviglia che un ragazzo di 15 anni non sia già navigato nelle faccende amorose, ma in quel periodo quegli argomenti non venivano trattati ed erano assolutamente tabù e soprattutto in casa mia dove l’ortodossia religiosa era la regola.
Tornando alla data iniziale, il 20 settembre di quell’anno entrò in vigore la LEGGE MERLIN, così chiamata dalla senatrice socialista Lina Merlin, con la quale venivano abolite le “case chiuse”; il Villino Azzurro era una di quelle.
Una volta passandoci volutamente davanti per curiosare e cercare di capire cosa c’era al suo interno, mentre uscivano alcuni uomini, intravvidi un cartello che più meno recitava così: “vietato l’ingresso a ombrelli e bastoni”.
Da che mondo è mondo la prostituzione è sempre esistita; fu il ministro Camillo Benso conte di Cavour che il 15 febbraio 1860 con un decreto dettò una prima regolamentazione alla materia autorizzando su tutto il costituendo Regno d’Italia l’apertura di luoghi adibiti a pubblico meretricio, le CASE DI TOLLERANZA e poiché tutto avveniva in ambienti chiusi furono chiamate CASE CHIUSE.
In precedenza tutto avveniva alla luce del sole, anche se di notte; un po’ come succede oggi. A Rimini il luogo dove avvenivano le contrattazioni di questi incontri era la Porta Galliana, l’arco gotico oggi seminterrato adiacente al porto canale confinante con le mura di cinta (Nel ‘200 fu costruita questa Porta per collegare le mura della città con la zona del porto lungo il fiume Marecchia; fino alla seconda metà del ‘500 era una delle porte d’ingresso alla città).
Nella zona, il Rione Clodio, era disseminato di bordelli dove si consumavano questi incontri: ce n’erano per ogni ordine di spesa. La nomea di questo commercio non abbandonerà mai più il Rione Clodio per l’intero secolo.
In via Clodia esisteva una casa di tolleranza chiamata “Maison Rouge” (Casa Rossa); era un bordello di lusso diretto da Madame Ines. M.me Ines, questo il nome col quale si proponeva la tenutaria della casa, era una donna piuttosto in forma (grassa) proveniente da un non ben identificato luogo del nord Italia.
Verso il 1910 Rimini conobbe il primo sviluppo turistico che la porterà ai vertici della mondanità balneare europea. Molte famiglie facoltose costruirono ville anche in previsione di un buon investimento; furono certamente lungimiranti.
E così che nella primavera del 1912, cogliendo il momento favorevole, M.me Ines giunse a Rimini dove acquistò una casetta in via Clodia; dopo lavori di ristrutturazione e di arredamento vi aprì un bordello d’alto bordo; oggi lo classificheremmo con ***** (5 stelle), mentre il Villino Azzurro diretto da una borghigiana, una certa Dora, era alla portata del portafoglio dei ceti meno abbienti (potevamo assegnarle non più di ** o ***).
M.me Ines aveva il pallino degli affari, già nella scelta del nome Maison Rouge che la differenziava da altre case di piacere e le dava un alone di internazionalità, direi una direttrice moderna e anticipatrice di tendenze commerciali in uso ai nostri giorni. Si servì della pubblicità, infatti con la sua intraprendenza fece stampare biglietti da visita bilingue, in italiano e in francese, con la pianta topografica della città e l’indicazione di come raggiungere la “casa”.
Fece poi distribuire questi biglietti negli stabilimenti dei bagni e nei luoghi frequentati dall’alta società da tre collaboratori. Il successo fu immediato e la fama della Maison Rouge travalicò i confini cittadini, si sparse per l’intera regione anche per l’avvenenza e il modo di proporsi delle gentili “signorine” e gli affari furono prosperi per oltre 20 anni.
(nelle foto due listini prezzi in uso nelle “case”; la prima è una mia foto, la seconda presa da internet)
Anche questa, checchè se ne dica, è una parte minore e certamente molto particolare, della storia della nostra città.
Guido Pasini
1 commento su “La “Maison Rouge” di Rimini”
Come si può facilmente constatare, non si arriva mai a nulla con il problema della case chiuse. Non c’è studio e non c’è teologia. Oltre tutto gli uomini non ragionano nemmeno sui motivi per i quali le case chiuse sono esistite e perchè le hanno chiuse mentre Papa Francesco le vuole aprire di nuovo. Non c’è ragionamento alcuno. Non si pensa alla divisione dei beni che le prostitute furono costrette a fare nei primi bordelli e non si pensa perchè la legge Merlin abbia chiuso i bordelli nel 1858. I primi bordelli erano stati fatti dal Vaticano nel 1500 circa. Nulla passa nel cervello degli uomini. Eppure dovrebbe funzionare il cervello di sopra se funziona il cervello di sotto. Questa è divenuta la storia senza fine e la corda lunga che diventa serpente. Tutto gira intorno alle prostitute. Il mondo intero sfrutta le prostitute. Ma fare un pò di teologia cosa costa? Dovevamo noi uomini risolvere il problema dando la metà dei beni come facevano le prostitute mentre non si doveva andare a prostitute? Riaprire i bordelli senza teologia a cosa serve? Si tornerà con il problema del 1500 perchè solo in quella direzione si può andare. A cosa servirebbe altrimenti spartire soldi delle prostitute con il governo? Servirebbe solo ad imporcire il mondo senza che gli uomini capiscano come funziona il mondo.