In Piazza dé Consoli, oggi Piazza Cavour, accanto alla Fontana della Pigna era presente una vasca o più precisamente un abbeveratoio utilizzato esclusivamente per i cavalli dei vetturini che lì stazionavano.
Si trattava di un bacile quattrocentesco di marmo a forma di quadrifoglio allungato che veniva alimentato manualmente con secchi d’acqua presi direttamente dalle cannelle della fontana.
Si tratta di un reperto archeologico che racconta una parte della nostra storia. Scampato alla distruzione delle due guerre mondiali; che fine avrà fatto?
Fino al 1945 è rimasto al suo posto d’origine in Piazza Cavour; nella confusione del dopoguerra fu rimosso e collocato a ridosso dell’argine del Marecchia in via Bastioni Settentrionali, vicino ad un lavatoio pubblico.
Lo storico e studioso di Santarcangelo Luigi Renato Pedretti poiché la città di Rimini aveva confinato e quasi ignorato quel bacile, ne fece richiesta a nome della sua città: la vasca fu concessa e data alla città di Santarcangelo a determinate condizioni, fra cui:
“La concessione si intende fatta in uso non di proprietà, per cui il comune di Rimini si riserva di chiedere la restituzione “a suo giudizio”. L’albio deve essere usato a scopo decorativo di fontana nella zona medievale di Santarcangelo.”
Ma, c’è un piccolo giallo nella vicenda. Sembra, secondo voci tramandate, che l’ordinanza del comune di Rimini concedente in uso la vasca alla città di Santarcangelo sia stata emessa come giustificazione “a posteriori” solo dopo che la vasca era stata trafugata da alcuni giovani santarcangiolesi con una repentina operazione effettuata di notte.
In relazione alla sua restituzione alla città di Rimini, scena muta.
Ci consoliamo pensando che molto probabilmente, la vasca, non essendo alimentata, con la sua acqua stagnante non sarebbe stata ugualmente valorizzata……d’altronde era già stata in un certo senso, messa da parte.
Oggi si trova a Santarcangelo dove fa bella mostra, trasformata in fontana, all’inizio della salita di via della Costa, arricchita da due colonne provenienti dal chiostro della chiesa di San Francesco che si trovava, unico superstite dell’intero complesso francescano, vicino all’arco Ganganelli.
Anche per la provenienza di queste colonne esiste una seconda versione sostenuta dallo storico Pier Giorgio Pasini e confermata da documenti fotografici: sarebbero due colonne che facevano parte del chiostro, distrutto dai bombardamenti dell’ultima guerra, del museo di S. Francesco di Rimini (il chiostro del Tempio Malatestiano).
Si tratta pur sempre, di chiesa francescana, dove le architetture erano simili.
Guido Pasini