In epoca rinascimentale si assiste a un robusto impulso dell’economia che, in Rimini, era fortemente rappresentata anche dalla pesca. Per tale ragione si sviluppò il Borgo di San Giuliano, un piccolo villaggio di pescatori, che tuttora mostra un estremo fascino. Nei pressi del Borgo si trova la Chiesa della Colonnella.
La chiesa della Colonnella di San Giuliano appartiene al XVII secolo e fu eretta nel 1510, sotto la direzione dell’architetto Bernardino Guerritti, a spese del Comune e al cui interno si trova la Madonna col Bambino, divenuta miracolosa nel 1506, allorché, un pellegrino, ingiustamente condannato a morte per omicidio, chiese la grazia alla Madonnina e al momento di trasportarlo per l’esecuzione capitale dell’impiccagione non fu possibile staccarlo da terra: il miracolo fu attribuito alla Madonnina.
La chiesa è così denominata perché a lato strada vi è la presenza di una piccola colonna del miliario romano. Di particolare pregio è la tela con la deposizione dipinta da Iacopo Palma Il Giovane. Tra 1500 e 1600 inoltre la città visse una certa stabilità politico-economica, con conseguente rinnovo d’infrastrutture, strade, spazi pubblici, piazze, topografia.
La stabilità portò anche l’avvento in città di nuovi ordini quali i carmelitani, i teatini e i cappuccini. Il borgo di San Giuliano, anche grazie alla costruzione della Chiesa di San Giuliano, ricominciò a prosperare e fu l’unico borgo cinto da mura, è, anche oggi, alquanto suggestivo ed è quasi una “città nella città”. La Chiesa di San Pietro e Paolo fu intitolata anche a San Giuliano, allorché il culto di questo santo divenne forte in città.
Nella terza cappella da sinistra, all’interno della chiesa, si scorge, infatti, il Polittico di San Giuliano dipinto da Pittino da Faenza nel 1409, che narra della vita e del miracoloso viaggio della salma del santo, ed è il dipinto più rappresentativo del ‘400 riminese, con rappresentazione della condanna a morte di Giuliano in Cilicia, chiuso in un sacco con serpenti velenosi e poi gettato in mare.
Il dipinto ritrae poi il momento in cui il suo corpo fu recuperato e chiuso in un’arca marmorea che, quasi come fosse un faro, protegge i naviganti. Caduta l’arca in mare per una frana, essa comincia a navigare e condotta dagli angeli arriva a Rimini, dove dà il nome di Sacramora, cioè “Sacra dimora” al punto d’approdo. Nel ‘500 la chiesa fu completante rifatta. Paolo Veronese dipinse il Martirio di San Giuliano, anch’esso collocato all’interno della chiesa.
Dietro l’altare si trova la splendida Arca di San Giuliano, di marmo e di epoca romana, alquanto consunta e corrosa dal tempo. Tra il 1500 ed il 1600 furono ridefinite anche le piazze e, in particolare, Piazza Maggiore, l’odierna Piazza Tre Martiri. Nel 1547 fu costruita la Torre dell’Orologio, tuttora esistente e rimodernata nel 1700 su disegno dell’architetto riminese Giovanni Bonamici. Nella piazza sorge il tempietto di Sant’Antonio, poi rimaneggiato nel 1650.
Nei pressi del centro della piazza si trova un cippo di marmo che simboleggia il punto in cui Giulio Cesare, varcato il Rubicone con le sue truppe, arringò i suoi soldati prima di puntare verso Roma nel 50 d.C. Piazza della Fontana, ovvero, l’attuale Piazza Cavour, ha un impianto rinascimentale. Furono costruiti i granai comunali, dove ora sorge il Teatro Galli.
Con la demolizione dell’isolato di San Silvestro la piazza fu poi aperta sul corso di Rimini e si intraprese la costruzione di Palazzo Garampi, dal nome dell’architetto che lo costruì dopo il terremoto del 1672. Detto Palazzo oggi è sede del Comune di Rimini. La fontana a 15 cannelle, che si trova nella piazza è di origine medioevale e piacque moltissimo a Leonardo Da Vinci di passaggio da Rimini nel 1502.
La leggenda vuole che sotto la fontana vi sia il passaggio segreto che condurrebbe niente meno che al colle di Covignano. Nel 1614 al centro della piazza fu collocata la statua di Paolo V benedicente, papa che fu trasformato per un periodo in San Gaudenzo per salvarlo dalla distruzione napoleonica. Nell’angolo che dà sul corso, c’è la nicchia con la statua della Vergine della Concezione, realizzata ad autore ignoto a fine ‘600.
Caratteristica è la vecchia pescheria, realizzata nel 1747: ai 4 angoli vi sono i delfini da cui sgorga l’acqua e sulla facciata l’epigrafe spiega che l’opera è stata realizzata per favorire l’industria della pesca con il contributo da parte di ogni barca. Palazzo Gioia, che si affaccia sulla piazza, ospitò Napoleone nel 1757 Bonaparte e nel 1859 vi si affacciò anche Giuseppe Garibaldi arringando la folla.
Nel 1600 prende piede un’opera di grande orgoglio per la città. La biblioteca di Rimini prende il nome dal suo fondatore, Alessandro Gambalunga e ha tuttora sede nella abitazione di questui, costruita nel 1610. Gambalunga, di origine riminese, nipote di un muratore e figlio di un ricco commerciante, non fu mai accolto dalla nobiltà locale, nonostante il titolo nobiliare, le ricchezze ed il matrimonio con una Diotalevi, uno dei casati più illustri ed antichi della città.
Laureatosi in diritto, all’Università di Bologna, facoltà di Giurisprudenza, si circondò di letterati e realizzò un’ampia raccolta di libri composta di oltre 2000 volumi alquanto rari. Vi erano libri di diritto, i classici latini e greci, e i testi di autori italiani, da Dante a Tasso. In origine la biblioteca si trovava al piano terreno, ora le sale sono state trasferite al piano nobile, con gli arredi originali ed il piccolo passaggio segreto che Gambalunga sovente utilizzava per spostarsi da un piano all’altro.
Già all’epoca la biblioteca era aperta a tutti e, alla sua morte, Gambalunga fu così magnanimo che nel suo testamento costituì un fondo per retribuire un bibliotecario che proseguisse la sua opera dopo la sua morte avvenuta nel 1619. A lui seguì pertanto il bibliotecario Michele Moretti che acquistò due preziosi mappamondi: uno terra acqueo ed uno celeste, realizzati ad Amsterdam alla metà del ‘600. Giuseppe Garampi, cardinale riminese che divenne prefetto degli archivi vaticani, inviò svariati volumi da Roma, ragion per cui, alla metà del ‘700 fu allestita una quarta sala. La biblioteca annovera oggi oltre 30.000 testi anteriori al 1800.