Riccione: le origini modeste e l’evoluzione

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Riccione (Arciòn in dialetto. Questo termine non è di derivazione romana ma, plausibilmente, bizantina con riferimento a una pianta) non nasce come borgo autonomo. Inizialmente si sviluppa, a rilento e flebilmente, nell’ombra di Rimini per emanciparsi solo nel 1922.

Le origini

Alcune leggere tracce – come resti di mammut secondo alcuni – portano a pensare ad antichi insediamenti preistorici a Riccione. Sicuro è che condivise larga parte della sua storia con Rimini, vedendo alternarsi numerosi stranieri quali Sanniti, Umbri, Etruschi e Celti-Galli Senoni tutti infine emarginati dai Romani.

Questi colonizzarono l’intero comprensorio, stabilendovisi e contribuendo alla crescita socio-demografica ma anche del commercio.

I romani

I romani giunsero in loco e costruirono diverse vie importanti quali la Flaminia e la Emilia. In realtà le loro tracce sono più visibili a Rimini che a Riccione la quale, a lungo, ne è stata un’appendice poco scolarizzata e produttiva.

Il primo nucleo abitativo, nel quartiere S. Lorenzo, si chiamava Vicus Popilius che ha lasciato un sito archeologico fortunatamente visitabile. Altro resto visibile è un ponte, sul Rio Melo.

La scissione dell’Impero romano contribuì all’avanzata della fazione orientale cui si deve probabilmente il nome Arciòn.

Vinta la guerra greco-gotica, i bizantini denominarono la zona “Romagna” (Ròmana) a sottolineare le origini capitoline e annessero Rimini – inclusa la frazione di Riccione – alla c.d. Pentapoli comprendente anche Ancona, Fano, Pesaro e Senigallia.

Vennero poi i barbari che sicuramente non apportarono migliorie di alcun genere, dediti per usanze più alle razzie che alla colonizzazione costruttiva. Anzi, le incursioni unite alle condizioni ambientali sfavorevoli sono una realistica ipotesi dello spopolamento del Vico.

Gli angolanti

Arrivati da Firenze, si stabilirono a Riccione nel 1260. Un bellissimo castello sui colli cittadini fu la loro dimora – principalmente residenziale – rimasta a lungo un rudere ma oggi finalmente restaurato, che ospita mostre e manifestazioni culturali.

Personaggi importanti vi transitarono, ospiti del casato, quali ad esempio Cristina di Svezia sulla via per l’Urbe (a ulteriore riprova dell’importanza della viabilità riminese).

Numerosi i contatti con i Malatesta di Rimini, vassalli papali, con cui strinsero forti legami.

L’800 e i Ceccarini

Nell’800 l’autonomia riccionese era di là da venire: si trattava ancora di una borgata rurale, povera dedita all’agricoltura e poco alla pesca.

I sentimenti secessionisti e un certo orgoglio tuttavia stavano già emergendo, complici anche il disinteresse da parte di Rimini e l’aiuto derivante da diversi benefattori.

Il centro urbano iniziava a delinearsi lungo la costa; lo stesso arenile era oggetto di progetti vari (come la bocciata proposta di convertirlo in risaie) inerenti soprattutto l’ambito turistico.

Il Rio Melo, proveniente dai colli, creava il porto di Riccione con  la sua foce. Porto tuttavia grezzo e disorganizzato, addirittura privo di un ponte a collegare le sponde. Solo un traghetto come surrogato finché Maria Ceccarini, nel 1897, non fece costruire un modesto approdo utile solo per piccole imbarcazioni.

Inizialmente fu proprio Rimini a intervenire con il cemento armato, nonostante la difficoltà dovuta al fondale e all’arretramento delle acque. Più avanti se ne interessò pure il Ministero dei Lavori Pubblici.

La famiglia Ceccarini

Chiunque conosca Riccione conosce anche il suo viale principale, v.le Ceccarini, dedicato a una nobile famiglia che contribuì largamente allo sviluppo della città.

La professione medica di lui diede grande credibilità alle loro opere, continuate sin dopo la sua morte dalla moglie, l’americana Maria Boorman Wheeler la quale lasciò la propria eredità a sostegno dei progetti cominciati in vita.

Tra questi: l’ospizio, la distribuzione gratuita di pasti ai non abbienti, la scuola congeniata con lungimiranza. Le rette furono decretate in relazione alla reale situazione economica di ognuno e fu data un’impostazione pedagogica avanguardistica, fondata su criteri di sviluppo della personalità dei bambini.

Dei veri mecenati moderni!

Riccione centro di cura

Sulla scia dello stabilimento balneare di Viareggio e delle informazioni sui benefici dei bagni di mare, anche Riccione si adoperò in tal senso.

Un grande impulso derivò dalla fermata nella stazione cittadina del treno Rimini – Ancona la quale accorciò notevolmente distanze e tempi di raggiungimento.

La credibilità dell’Ospizio fu avallata anche dal Comitato creato e retto da personalità autorevoli del mestiere (medico, farmacista, prete…) e dalla partnership con quello di Bologna.

L’allora borgata romagnola era poco nota e più economica rispetto al circondario, paradossalmente ambiente ideale per delle creature malate che abbisognavano di riposo e di cure.

Crebbe la fama di luogo salubre e anche le persone abbienti iniziarono a frequentarlo per lasciarvi i propri figli. Nessuno restò immune alle bellezze della città, così questa combinazione portò tanta gente a comprare delle abitazioni, a poco prezzo.

L’autonomia e il titolo di “città”

Riccione nei primi anni del 1900 era ancora un borgo dimesso e arretrato, ma nonostante questo servizi e locali pubblici iniziavano a fiorire, specialmente a ridosso del mare ove si sviluppava anche il centro urbano.

L’imprenditoria locale era attiva e accusava Rimini di disinteressarsi di Riccione. Pertanto la spinta secessionista vide il comitato cittadino autoproclamarsi autonomo nell’agosto del 1922, per poi convincere la giunta riminese – non senza lotte interne al partito socialista – a cedere. Il 22 ottobre 1922 regalò a Riccione lo status di città!

Il Fascismo

Nonostante l’attribuzione dello sviluppo riccionese al Fascismo sia un’idea ancora ben radicata, non è esattamente così. Fu più una coincidenza di date fortunata, poiché  Mussolini scelse proprio questa località balneare per trascorrere le proprie vacanze.

Il qui pro quo deriva dalla data di affrancatura di Arciòn da Rimini (1922) quasi coincidente con la marcia su Roma a soli sei giorni di distanza (28 ottobre 1922).

Uno degli esempi maggiormente rappresentativi di come, di contro, il Ventennio abbia invece arrecato dei danni alla popolazione si rinviene nella sostituzione con il legno di tutto ciò che era in ferro. Richiesta nata per ovvie esigenze belliche.

Tuttavia dal 1926 al 1943 – quindi a seconda guerra mondiale in atto – il Duce non mancò di ristorarsi nella rinomata e raffinata località attirandovi attenzione. Dapprima ospite del conte Terzi, poi presso la propria nuova abitazione.

Questi infatti era solito muoversi con il proprio idrovolante o sulla propria imponente imbarcazione – anche attorniati da un’ingente flottiglia – con un seguito di guardie del corpo, cineoperatori e fotografi.

Ovviamente il caravanserraglio attirava gente che Mussolini esortava a condividere questo modello di vacanza desiderabile. Tanto più che i turisti riccionesi erano, nonostante la povertà degli autoctoni, tutti personaggi della nobiltà e dell’alta borghesia.

I media ovviamente diedero risalto, diffondendo sia un’immagine domestica del politico, sia immagini e filmati della zona.

Di sicura rilevanza storica nonché pratica fu l’inaugurazione del tram elettrico tra Rimini e Riccione: raggiungere il centro abitato diveniva sempre più facile.

E se Rimini veniva “invasa” dal popolo e dal ceto medio, Riccione puntava in alto ingolosendo tutti che non volevano certo restarne esclusi.

Quarantunomila gli ospiti nel 1937, prima che la seconda guerra frenasse il fenomeno.

Il grande sviluppo a partire dagli anni Venti avvenne grazie alla intensa opera di qualificazione turistica e di propagandistica, condotte dopo l’autonomia amministrativa

Sviluppo che fu globale: non solo dal punto di vista urbanistico, turistico, ma anche culturale. Il livello di analfabetizzazione nel 1911 era inquietante. Nemmeno quarant’anni dopo era sceso anche rispetto alle città vicine.

L’autonomia politica aveva sicuramente inciso anche sulla scolarizzazione.

Nel 1928 si costituì l’Azienda autonoma di soggiorno e un anno dopo si eresse il Grand Hotel, altro simbolo di glamour e ricchezza, edificato sulle ceneri dell’antico Ospizio Amati-Martinelli costruito nel 1877 per curare i bambini affetti da scrofolosi.

Riccione oggi

Detta la Perla Verde per il considerevole “verde” che la circonda, a ben ragione è ormai riconosciuta quale città parte della cosiddetta metropoli costiera (o balneare), che corre da Ravenna a Cattolica.

Riccione è sempre stata famosa anche per i parchi acquatici (Oltremare e Aquafan) e per la movida notturna (dicesi discoteche, leggasi: Prince, Peter Pan, Cocoricò…).

La costruzione di un innovativo Palacongressi ha favorito il turismo anche “impegnato”, comportando l’apertura di numerose strutture anche fuori stagione.

Ultimo ma non ultimo il corridoio verde Adriatico: una pista ciclabile parallela al lungomare, ammodernato e reso ancora più verde da un corposo innesto di alberim che giunge fino ai confini della città.

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