Superstite ancora oggi delle antiche credenze della nostra terra è il personaggio fantastico di Mazapègul.
Si narra che il Mazapègul fosse un mix tra un folletto e un incubus; è un essere molto piccolo, somigliante a un gatto, a uno scimmiotto o ad un coniglio con la pelle grigia e un berretto rosso in testa che lascia fuori dalla camera della persona che infastidisce. Infatti, la tradizione racconta del folletto come un esserino che credeva di trasformarsi in un uomo per coricarsi con le donne, dando attenzioni a quelle più disponibili e facendo dispetti a quelle che non lo volevano.
Si dice che questo folletto della notte fosse molto dispettoso e geloso: s’innamora delle giovani donne di casa, le insegue, gioca con i loro capelli, s’infila sotto le gonne, salta sui letti e sulle loro pance facendole respirare a fatica. Inoltre, trascorre le notti a far le trecce alle criniere dei cavalli facendo infuriare i contadini che il giorno seguente dovranno perdere molto tempo a sciogliere le trecce.
Tante sono le accortezze che utilizzavano gli abitanti per cacciarlo via; dal forcone, alla scopa sotto il letto, alle mazze fino ad arrivare addirittura a chiedere aiuto al sacerdote-esorcista. Altro metodo meno drastico è quello di cospargere dei chicchi di riso sul davanzale in modo che lui si metta a contarli uno ad uno fino a quando il sole sorge e poi scappa.
Le donne possono liberarsi dal folletto facendosi vedere mentre mangiano un pezzo di pane e intanto spidocchiarsi o fare i propri bisogni; in questo modo il Mazapègul si offende così tanto da non farsi più vedere perchè ritiene la sua protetta una persona non pulita. Ritorna per l’ultima volta, la notte dopo rivolgendosi sdegnato alla donna in questione con le seguenti parole:
“Brota troja, porca, vaca, t’megn et pess et fè la caca”
Ma come facciamo a sapere se il folleto è passato da noi? Leggenda vuole che lasci impronte di gatto, perciò se si cosparge della farina sul pavimento davanti alla porta di casa, quando passa lascia il segno!