La Pittura Riminese del Trecento

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Un vanto tutto “Riminese”. C’è un importante capitolo, nella storia dell’arte mondiale che si intitola “La Pittura Riminese del Trecento”. Non c’è testo d’arte che non parli di questa scuola pittorica. Si tratta di un ciclo pittorico che si sviluppò dagli anni tardo 1200 e fino alla metà del 1300, quindi per poco più di 50 anni. Oggi vorrei portare, anche se indegnamente, all’attenzione del Gruppo, alcuni cenni al riguardo; sarebbe più opportuno fosse uno storico dell’arte a parlare di questa materia – io ve ne darò solo una infarinatura, poi se altri volessero approfondire l’argomento, ben accettati.

Ritengo che tutti i Riminesi ne abbiano sentito, almeno per una volta, parlarne. Basta essere stati per una volta al Museo cittadino, nella sala dove si svolgono le conferenze. Sulla parete di destra c’è un grande affresco restaurato è il “Giudizio Universale”: affresco staccato dalla testata dell’abside della Chiesa di Sant’Agostino. L’autore viene identificato in Giovanni da Rimini.

In Italia la presenza di dipinti trecenteschi riminesi si trovano nella sua parte orientale e da Fermo, nelle Marche, fino a Cles, in Trentino; nel mondo in tutti i principali Musei: Utrecht, Amsterdam, Rotterdam (Olanda), Boston, Washington, New York, Miami, Baltimora, Cleveland, Denver, Minneapolis (Usa), Amburgo, Berlino, Wiesbaden (Germania), Parigi, Avignone, Strasburgo (Francia), Vienna (Austria), Barcellona (Spagna), Zurigo (Svizzera), Birmingham, Cambridge, Gloucester, Londra (Gran Bretagna), Dublino (Irlanda), Zagabria, Zara (Dalmazia), Città del Vaticano e in tante collezioni private, persino in Australia.

Giotto da Bondone nel 1303 fu chiamato dai frati francescani a Rimini dopo la fama che si era creato lavorando ad Assisi. A Rimini dipinse un affresco nella chiesa di San Francesco – andato completamente distrutto per la realizzazione del Tempio Malatestiano – e un Crocifisso, tutt’ora esistente sull’altare maggiore del Tempio stesso.

Il suo passaggio influirà i pittori locali che ebbero la possibilità di studiare la modernità della pittura giottesca. Molto probabilmente alcuni di essi avevano già avuto un primo impatto con l’arte di Giotto avendo avuto la possibilità di partecipare al ciclo di affreschi di Assisi.

Questa pittura si distingue per la grande preziosità, dove abbondano oro e particolari: E’ una reminiscenza dell’arte orientale in quanto la costa adriatica è stata sotto l’influenza bizantina, la pittura è elegante e mostra grande sacralità. I pittori di questa scuola inconsapevoli di creare una “scuola”, sono spesso parenti fra di loro e non sono in competizione, anzi si uniscono per lavorare insieme.

La maggioranza di questi pittori, dopo il nome proprio, anziché il cognome, hanno la parola “da Rimini”, cioè la provenienza, come era d’uso all’epoca o il nome del padre, o il luogo dove operarono lasciando il loro più importante lavoro. Esempio: Bittino da Faenza, Giovanni da Rimini o Giotto da Bondone, o Maestro di Montefiore.

Si distinguono due generazioni: la prima dal 1292 al 1309-14, la seconda fino al 1348. Appartengono alla prima generazione i pittori: Giovanni da Rimini (è forse il pittore riminese più antico; già maggiorenne nel 1292 e già all’opera negli affreschi di Assisi con lo stesso Giotto e altri) , Giuliano da Rimini e Giovan Angelo e il miniaturista Neri da Rimini; alla seconda generazione: Pietro da Rimini, Giovanni Baronzio, Francesco, identificato come il Maestro di Verucchio e il Maestro di Montefiore.

Giuliano da Rimini, fratello di Giovanni, è più popolare e semplificato, più colorito. Lo si può vedere nella Madonna conservata a Boston e nella crocifissione della chiesa di San Marco a Jesi. Giuliano non raggiunge l’estensione di Giovanni. In questo periodo l’influsso della scuola riminese va ben al di là della città di Rimini, diventa l’arte egemone da Padova fino a tutte le marche.

Sempre nella chiesa di Sant’Agostino ci sono opere di un altro maestro di cui non si conosce il nome, viene chiamato Maestro di Sant’Agostino, che ha realizzato la presentazione di Dio, “Dio giudice e partitocratore. (foto 1 dal volume)* Ad Urbania nelle Marche abbiamo un altro pittore riminese, è Pietro da Rimini che qui realizza un grande crocifisso. Pietro è molto naturale ed espressivo, lo schema del crocifisso è classico: in alto “l’eterno Padre”, a destra l’evangelista Giovanni e a sinistra la Madonna, personaggi storici della passione. I caratteri di Pietro però sono più marcati, il corpo è meno elegante e più sofferente.

Le opere più importanti di Pietro da Rimini sono gli affreschi realizzati nella chiesa di San Nicola da Tolentino intorno agli anni 20 del 300. E’ il suo ciclo più importante a cui parteciparono anche molti suoi collaboratori; è un po’ il suo canto del cigno. Questo “cappellone” viene anche detto: “la Cappella Sistina del Trecento Riminese”; sono affreschi bellissimi, ricchi di colore e straordinariamente conservati. (foto 2-3-4 fatte 15 anni fa dal sottoscritto). In una tavola che si trova a Louvre che rappresenta la deposizione si capisce la qualità tecnica di Pietro, le sottigliezze di linguaggio espressive, che i pittori avevano raggiunto con Pietro.

Un altro maestro è il miniatore di manoscritti, Neri da Rimini, che probabilmente è stato anche pittore. (foto 5 -busta filatelica del 1995 Rep. San Marino)
Purtroppo la “scuola riminese”, come ebbe improvvisa affermazione, tanto velocemente cessò forse anche a causa della peste che decimò i suoi più validi esponenti, l’ultimo dei quali fu Giovanni Baronzio a cui vengono da alcuni attribuiti gli affreschi dell’abbazia di Pomposa e anche un grande polittico (1345) conservato nella Galleria delle Marche di Urbino.

Lo stile riminese finì e si confuse nelle nuove scuole padane a partire da quella bolognese. L’esempio di Giotto si diffuse in tutta Italia.

(foto 6 -ricostruzione come doveva apparire l’abside della Chiesa di Sant’Agostino di Rimini – dal volume “La Pittura Riminese del Trecento” Pier Giorgio Pasini 1990 Carim)*

P.S. bisognerebbe fare un pensiero all’escursione a Tolentino – intera giornata con un minipulman (20-25 posti) compreso un salto ad Ascoli Piceno (interessante città con una delle piazze più belle d’Italia).

Guido Pasini

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