Rimini medioevale e i Malatesta

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Costruiti in pieno Medioevo gli edifici civili, e lo si può vedere ancora oggi nella centrale Piazza Cavour: Palazzo dell’Arengo (sede odierna del Municipio) e Palazzo Podestà.

Anche il Medioevo ha visto Rimini sede di conflitti, basta pensare ai dissapori tra i Patarini (abitanti del rione Pataro, appena fuori dalle mura della città) che furono bollati dalla chiesa come eretici.

Successivamente Rimini si schierò con i Ghibellini ma per poco, infatti grazie alla presenta dei Signori Malatesta che fecero di Rimini la loro città, divenne guelfa. Il primo dei Malatesta che abitò a Rimini è anche citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia, era il Mastin Vecchio.

Grazie ai Malatesta, Rimini diventa Signoria nel 1259. L’impronta Malatestiana è presente ovunque, nei paesi in collina (San Leo con la sua splendida rocca, Verucchio, Gradara e altri) ma sicuramente il simbolo è Castel Sismondo voluto da Sigismondo Malatesta nel 1437, una vera e propria reggia, costruita nel centro di Rimini, adornata da pittori come Piero della Francesca, e scultori come Agostino di Duccio.

Sigismondo Malatesta volle anche la costruzione del Tempio Malatestiano, un’opera interamente realizzata in marmo che avrebbe dovuto essere la tomba dello stesso Sismondo e della sua compagna, progetto che Sigismondo non vide mai compiuto. In questo periodo prende a vivere a Rimini una folta comunità ebraica, che collabora alla costruzione di queste grandi opere.

Ma la pace tra ebrei e riminesi durò poco, visto che il Papa Eugenio IV decide che vanno ghettizzati gli ebrei, nonostante ciò gli ebrei hanno continuato a contribuire economicamente allo sviluppo della città, lo stesso Sigismondo per costruire il Tempio si fece prestare dei soldi da un ebreo, Abramo di Fano. Ciò però non vietò ai Signori di obbedire agli ordini della chiesa, che volle “segnare” gli ebrei, che avevano l’obbligo di stare un una zona fuori la città di notte (il ghetto) e di portare una specie di berretto giallo quando durante il giorno erano in città.

Ovviamente era proibito ai cristiani di abitare in posti confinanti o vicini ai posti “destinati” agli ebrei. Ma i Riminesi , riconoscendo negli ebrei gente di egual valore e degni di egual diritto, nel 1612 distruggono il ghetto, e nel 1666 riportarono gli ebrei al vivere tranquillamente nella città e a fare affari e commerci.

Dopo il 1000 d.C. vi fu un nuovo impulso dell’economia e una rinascita sia per Rimini che per l’Italia intera. Nel XII secolo Rimini divenne “libero comune”, grazie al diploma firmato da Federico Barbarossa. Nel 1204 viene costruito il Palazzo dell’Arengo, che si affaccia su Piazza Cavour, restaurato e rimaneggiato varie volte nel corso dei secoli, l’ultima delle quali nel 1920 e presso cui all’epoca si riuniva il Gran Consiglio nonché, fino al 1980, le sedute del Consiglio Comunale.

Dal 1600 al 1800 la sala venne anche utilizzata come proscenio teatrale e vi si trova un’iscrizione testimoniante la presenza di un giovane Carlo Goldoni in Rimini. Nel portico del Palazzo dell’Arengo si riunivano i notai che amministravano la giustizia. All’interno del Palazzo si trovano preziosi arazzi ritraenti Semiramide e Salomone.

In epoca medievale la Piazza Cavour divenne il fulcro della città e nel 1330 venne eretta l’abitazione del Podestà di fianco al Palazzo dell’Arengo che si estendeva sul retro ove si trovava la Cattedrale di Santa Colomba, di cui ora residua unicamente una parte di torre campanaria. Fu la prima cattedrale riminese edificata nel IV secolo per volere del Vescovo di Rimini Stemmio.

Il museo conserva alcune ricostruzioni dello splendido portale medioevale. Il Palazzo del Podestà ha poi subito un consistente restauro negli anni ’20, con inserzioni di arcate ogivali mutuate dall’antica fontana retrostante. Nel 1200-1300 la città, delimitata dalle mura, è divisa in quattro rioni: Santa Colomba, Pomposo, Sant’Andrea, Clodio. In Rimini si trovavano inoltre svariati ordini monastici (ordini mendicanti, frati di San Francesco, e di Sant’Agostino) e ben 18 ospedali.

Di particolare pregio è la Chiesa di Sant’Agostino, ove in epoca medioevale si stabilirono i frati agostiniani. L’attuale decorazione della chiesa è di epoca barocca, benché i fianchi esterni, l’apside e il campanile testimoniano il chiaro stampo medioevale. All’interno della chiesa si trovano alte rappresentazioni della Scuola Pittorica Riminese, fra cui gli affreschi (celati per molto tempo e scoperti in occasione del terremoto del 1916) dello Zangolo, definito il “Maestro di Sant’Agostino” ad attivo fra la fine del ‘200 e i primi decenni del ‘300 con i suoi fratelli Giovanni e Giuliano da Rimini.

Vi sono poi affreschi che ritraggono le storie di San Giovanni evangelista tratte dalla leggenda Aurea, fra cui di grande rilievo è il martirio di Giovanni che esce dall’olio bollente. Vi si trova inoltre un affresco raffigurante un terremoto e ciò fa ritenere che con ogni probabilità il pittore assistette al terremoto che squassò Rimini nel 1308.

Di grande pregio è il bellissimo affresco del Giudizio Universale, opera di Giovanni da Rimini, che sovrastava la cappella maggiore, si trova oggi nell’omonima sala del museo: vi si trovano gli Apostoli, il Cristo giudicante con i dannati e i salvati. Lo stesso autore dipinse anche il Polittico, che qualche tempo fa è ritornato in patria, acquistato dalla Fondazione Ca.Rim. a Londra dal Duca di Northfog e ora conservato al museo.

La repentina scomparsa dei Maestri, forse a causa della peste nera che sterminò i 2/3 della popolazione riminese nel 1348, diede anche termine alla Scuola Riminese. Il rapporto fra Rimini e i Malatesta è di lunga data: nel 1239 Malatesta della Penna fu Podestà della città, abitando già in quello che fu il nucleo del Castello di Sigismondo Malatesta.

A suo figlio, Malatesta da Verucchio, che Dante chiama Mastin Vecchio si deve, di fatto, l’inizio della signoria Malatestiana nel 1295. Sopravvisse alla tragedia che colpì i suoi figli: Giovanni, detto Gianciotto perché zoppo uccise sua moglie, Francesca da Polenta e il fratello Paolo, di lei amante. L’eterna storia di Paolo e Francesca, ritratta da Dante nella Divina Commedia, si consumò nel 1283 a Rimini nella casa malatestiana. Ai Malatesta si deve la sistemazione del porto, regolarizzando la foce del Marecchia, fiume principale della Romagna.

Paolo e Francesca “Le Baiser” Auguste Rodin

Francesca da Rimini

Gradara una città tra storia e cultura

Alla metà del ‘400 fu Sigismondo Pandolfo (ritratto nella foto superiore dal celeberrimo pittore Piero della Francesca) che a 16 anni si ritrovò Signore di Rimini, combattendo al soldo di Firenze, Milano e del Papa, guidando a Venezia la crociata contro i Turchi. Si circondò a corte di artisti e si sposò tre volte: con Ginevra, Polissena, figlia naturale di Francesco Sforza, e con Isotta degli Atti.

A 20 anni volle ristrutturare il Castel Sismondo, grazie anche a Filippo Brunelleschi, ove si trovavano libri preziosi, gioielli, suppellettili di ogni tipo, quadri, antichità, maioliche, armi, stendardi. Sigismondo volle costruire il Tempio Malatestiano a celebrazione del suo casato e nel 1449 incaricò Matteo De Pasti di ripensare l’interno della chiesa di San Francesco e a Leon Battista Alberti gli esterni.

L’Alberti ideò un esterno in marmo e pietra d’Istria che richiama l’architettura dell’Arco d’Augusto e racchiude la chiesa come in uno scrigno. L’interno del Tempio è leggiadro e gioioso, vi si trova la cappella di Isotta, la cappella dei Pianeti, i segni zodiacali. Vi sono poi le 18 formelle della Cappella dei giochi infantili. Il tempio è impreziosito dai magici affreschi “di profilo” di Piero della Francesca che ritraggono Sigismondo Malatesta davanti a San Sigismondo e dal meraviglioso crocefisso di Giotto, collocato dietro l’altare.

Proprio la presenza di Giotto nella Rimini del Medioevo è stata la ragione della nascita della Scuola Pittorica Riminese, di notevoli influenze giottesche, cui brillanti lasciti sono collocati nella chiesa di Sant’Agostino. Nel tempio Malatestiano vi è poi una pietà scolpita nel 15 secolo dal tedesco detto Maestro di Rimini, cui i riminesi chiedono la grazia della pioggia in siccità o il ritorno del sole; vi si fermò anche San Carlo Borromeo e Pio VII la incoronò.

La cappella è stata rimaneggiata nel ‘800. Il tempio è tuttavia rimasto incompleto, privo di una cappella simile al Pantheon. Le spoglie di Sigismondo riposano nel Tempio. Il Duomo e il convento francescano accanto furono duramente colpiti dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Il Duomo fu ricostruito e, dal 2002, denominato Basilica Minore.

Il Convento non fu ricostruito, ma l’importante affresco ivi esistente, l’Ultima Cena, fu trasportato nel museo, che ospita anche la Pietà di Giovanni Bellini. Pandolfo IV chiude l’epoca dei Malatesta, contro di lui nel 1498 scoppiò la Congiura degli Adimari, alla quale a stento sopravvisse. Il Pandolfo vendette Rimini a Cesare Borgia, detto il Valentino, nel 1500 e poi la vendette a Venezia nel 1503 a cui Rimini rimase sottoposta fino al 1527, anno in cui fu sottoposta, fino al 1860, allo Stato Pontificio, salvo la parentesi Napoleonica fra la fine ‘700 e gli inizi ‘800.

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