Federico Fellini

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Uno dei più grandi registi del mondo, protagonista del cinema d’autore italiano, fotografo della realtà italiana, testimone del cambio del costume e della società, Federico Fellini uno dei cittadini più illustri di Rimini, dove vi nasce il 20 Gennaio del 1920. Già artista in epoca adolescenziale, mentre frequentando il liceo di Rimini si avventurava nell’arte del disegno umoristico.

Comincia a collaborare con delle riviste e vede pubblicate le sue caricature. A vent’anni lascia Rimini e si trasferisce a Roma. Conosce artisti che lavorano nel mondo dell’avanspettacolo e si mantiene sempre disegnando caricature. Comincia a scrivere testi per la radio e cose brevi per il teatro e conosce sua moglie Giulietta Masina, dalla quale ha un figlio che muore a neanche un mese di vita.

Questo triste episodio in qualche modo segna e condiziona la vita di Fellini. Conosce subito dopo la guerra Roberto Rossellini e parte con lui l’esperienza del cinema Neorealista con film come “Roma città aperta”. Il suo primo film fatto completamente da solo è “Lo sceicco bianco”, al quale segue “I vitelloni”. Fellini porta nel suo cinema il suo passato, i suoi ricordi adolescenziali raccontando la realtà vissuta da lui stesso a Rimini.

Oscar con “La strada” nel 1953 e con “Le notti di Cabiria” nel 1954, Palma d’Oro con “La dolce Vita” e di nuovo Oscar nel 1973 con “Amarcord” parola dialettale riminese che grazie a lui è passata in maniera prepotente nel vocabolario italiano (amarcord = mi ricordo), nel film si raccontano, infatti, i suoi ricordi giovanili a Rimini. Riceve l’Oscar alla carriera nel 1993 e lo stesso anno muore a Roma.

Federico Fellini e Rimini

Mito caratterizzante la città di Rimini, Federico Fellini che nacque da famiglia piccolo-borghese, con padre rappresentante di commercio e  madre casalinga. Egli frequentò il liceo classico in Rimini e, grazie al suo grande amore per la pittura e l’arte in genere, si fa strada in città come caricaturista, fondando nel 1937, con il pittore Demos Bonini, la bottega “Febo”, dove i due pittori realizzano caricature di villeggianti.

La sua poliedricità lo porta anche a realizzare collaborazioni con giornali e riviste quali la “Domenica del Corriere”, il settimanale fiorentino “420” e il “Marc’Aurelio”. Nel 1939 Fellini si stabilisce a Roma, dove frequenta il mondo della radio e dell’avanspettacolo, conoscendo Aldo Fabrizi, Marcello Marchesi ed Erminio Macario, scrivendo gag e copioni.

Grazie alla radio egli incontra nel 1943 Giulietta Masina, mentre interpreta il personaggio di Pallina, da lui stesso ideato. Nello stesso anno Federico e Giulietta si sposano. Durante la guerra Fellini prosegue nella scrittura di sceneggiature per “Chi l’ha visto?” di Goffredo Alessandrini e “Campo de’ Fiori” e “Avanti c’è posto” di Mario Bonnard, per poi assurgere a uno dei massimi protagonisti del neorealismo, sceneggiando alcune delle opere più importanti della scuola cinematografica neorealistica, come “Paisà” e “Roma città aperta” scritte con Rossellini, “Il cammino della speranza” “In nome della legge” e “La città si difende” con Germi e “Senza pietà”, “Il delitto di Giovanni Episcopo” e “Il mulino del Po” con Lattuada, con il quale nel 1951 esordisce alla regia a quattro mani di “Luci del varietà” (1951), ambientato nell’avanspettacolo.

Nel 1952 Fellini dirige da solo il suo primo film, “Lo sceicco bianco” e nel 1953 “I vitelloni”, film grazie al quale il regista diviene noto anche all’estero. La pellicola percorre i ricordi dell’infanzia riminese di Fellini, degli ambienti di Rimini e dei personaggi surreali e stravaganti che la popolano.  Nel 1954 con il film “La strada” Fellini conquista l’Oscar e la consacrazione internazionale.

Il secondo Oscar arriva nel 1957 con “Le notti di Cabiria”. In entrambi i film, la protagonista è Giulietta Masina. Nel 1959 dirige la celeberrima pellicola “La dolce vita”, con cui vince la Palma d’oro a Cannes, film che suscita scandalo negli ambienti della Chiesa per le situazioni erotiche ivi richiamate e per l’arrendevolezza nei confronti della caduta dei valori della società.

Nel 1963 esce “8½”, con cui vince l’Oscar per il miglior film straniero e per i costumi (grazie a Piero Gherardi), e che narra la storia di un regista che racconta, con passione e sincerità, le proprie crisi di uomo e di autore, concetto che si rinviene in tutte le sue pellicole fino alla fine degli anni ’70 (anche, ad es. in “Giulietta degli spiriti” del 1965).

Nel 1969 esce il “Fellini-Satyricon”, dove l’impianto onirico si trasponde alla Roma imperiale del periodo della decadenza, rappresentando una metafora della disincantata e goliardica società contemporanea. Negli anni ’70 il passato riminese di Fellini riemerge con forza: con Amarcord (1973) si ritorna alla adolescenza del regista, agli anni scolastici e protagonisti dell’opera sono la città e i cittadini di Rimini.

Grazie a questo film egli trionferà vincendo il quarto Oscar. Seguirono poi “Il Casanova”, nel 1976, “Prova d’orchestra” (1979), “La città delle donne” (1980) “E la nave va” e “Ginger e Fred” (1985). L’ultimo film girato da Fellini è “La voce della Luna” (1990), tratto da “Il poema dei lunatici” di Ermanno Cavazioni, dove si narra della campagna e dei suoi suoni, voci e bisbigli. Federico Fellini muore nel 1993, non prima di aver ricevuto il suo quinto Oscar alla carriera.

(Vedi anche Fondazione Federico Fellini)

Giorgio Mazzotti:

Bisogna avere visto i suoi film in tempo reale, anno dopo anno. Ogni film era una rivoluzione, un attentato al buon costume, un invito alla ribellione contro l’ipocrisia, un messaggio e un consiglio prezioso… Io sono arrivato ai 78 anni stimolato e ispirato dai film di Federico. È stato il mio guru e maestro!

La mia casa è dipinta in suo onore, un inno alla sua fantasia. Posso parlare per ore e ore di lui. Scriverne qui, non è il caso!

Fellini è stato un maestro… ci ha insegnato a rispettare le prostitute con Cabiria… a capire coi suoi clowns e vecchi sdentati che il vero sorriso nasce dal cuore… che le tette della tabaccaia possono essere fonte di gioia e non un peccato mortale, che se sei insoddisfatto della vita provinciale del tuo borgo quando sei giovane puoi anche fuggire altrove… (io ho fatto così) che la chiesa – con la formidabile sfilata di moda dei vestiti da prete nel film Roma – predica bene ma a volte razzola male… che la vita ne “La dolce vita” può essere dolce fuori ma molto amara dentro… che anche una donna sgangherata ma vera come la Saraghina può essere più affascinante di una modella… che quando si ama ci si può abbracciare anche in tre come in una memorabile scena del Satiricon… che a masturbarsi (in macchina) non si diventava ciechi come allora certi preti volevano farci credere… che l’eterno femminino più lo insegui e più ti sfugge… che la nobiltà dei titoli vale molto meno di quella dell’animo… che la follia esiste intorno e dentro di noi anche se non la gridiamo dagli alberi… che non dobbiamo vergognarci dei nostri culi perché sono l’unica ragione che ci rende tutti uguali… che se ci smarriamo nella nebbia della nostra esistenza (film Amarcord) alla fine possiamo ritrovare la via di casa etc etc…

Che con la fantasia, in mancanza del vero, come nelle sue scenografie psichedeliche, puoi crearti i tuoi mari e i tuoi fiori di plastica e le tue visioni e i tuoi sogni col cartone!

I film di Fellini ora possono piacere o no. (I tempi sono cambiati!) ma una volta servivano per educare, stimolarci alla ribellione contro l’ipocrisia per, correggere e FARCI CRESCERE! Ciao, Federico… sono così contento che un po’ ti assomiglio!

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